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Considerato il fondatore della letteratura italiana è Dante Alighieri, con la sua Divina Commedia, getta le basi di un nuovo modo di scrivere non servendosi del latino, considerata lingua elitaria e della cultura, bensì del volgare, la lingua parlata e capita dalla maggior parte dei suoi interlocutori.
Dante spiega e giustifica nell’opera De vulgari eloquentia la preferenza di uso del volgare, il volgare fiorentino nel suo caso (ma non solo, infatti nella Divina Commedia esplora diversi volgari dal Nord al Sud): vuole infatti che ciò che scrive venga capito dalla maggior parte dei suoi interlocutori che non sapeva il latino operando quindi una rottura con la prassi del suo tempo.
In Italia la letteratura italiana nasce nel XIII secolo. Quando si parla della nascita della letteratura italiana è bene ricordare che si tratta dell’insieme di componimenti di fario genere scritti in lingua volgare.
Rispetto ad altre letterature (come la poesia provenzale scritta in lingua d’oc con il ciclo carolingio o la poesia del ciclo arturiano con I cavalieri della tavola Rotonda), quella italiana fiorisce dopo in quanto la situazione geo-politica era piuttosto frammentata così come la lingua.
La letteratura italiana nasce dunque alla corte di Federico II di Svevia in Sicilia. Si parla quindi di “scuola siciliana”. Tra i grandi nomi di questo movimento letterario (sorto negli anni ’20 del 1200) possiamo citare:
La poesia degli esponenti della scuola siciliana prendeva ispirazione dalla lirica amorosa dei trovatori provenzali. La lirica provenzale era caratterizzata dal concetto di amor cortese, ma la scuola siciliana presentava inoltre caratteristiche innovative e specifiche.
Dopo lo scioglimento della scuola siciliana sorge la scuola neo-siciliana nella figura di Guittone d’Arezzo al quale si ispireranno i primi stilnovisti. Seguirà quindi il Dolce Stilnovo che troverà la sua massima espressione con Dante Alighieri fino alla poesia di Francesco Petrarca.
Viene considerato il primo testo della letteratura italiana il Cantico delle creature, scritto da Francesco d’Assisi attorno al 1224.
Conosciuto anche con il titolo di Cantico di Frate Sole, questo componimento è quindi considerato il primo testo letterario di cui si conosce l’autore.
A livello di contenuti, i versi costituiscono una preghiera a Dio e alle creature del mondo che a creato. Per quanto riguarda la lingua impiegata, si tratta di una lingua nuova, la lingua volgare.
Vengono considerati i tre padri fondatori della letteratura italiana 3 grandi figure di spicco del XIV secolo, le cosiddette “Corone Fiorentine” ovvero:
Il contributo di questi grandi poeti è stato decisivo e ha gettato le basi della letteratura italiana. In particolare, ad ognuno dei tre padri fondatori possiamo associare l’opera letteraria in cui si sono distinti maggiormente:
In tutte queste tre opere troviamo uno stile unico che viene studiato e ricordato ancora ai giorni nostri, contenuti affascinanti che hanno ispirato poeti e letterati nel corso dei secoli ed infine un uso nuovo della lingua.
Francesco d’Assisi è considerato il primo poeta italiano. L’opera che ne decreta il titolo è il Cantico delle Creature, scritta presumibilmente nel 1224, due anni prima della morte.
È un componimento scritto in lingua volgare umbra e ritmico in cui rende grazia a Dio per le creature che ha creato (il sole, la luna, le stelle, il vento). I versi hanno varie lunghezze e presentano assonanze, consonanze e rime.
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Per sapere chi è stato il primo a scrivere in volgare bisogna individuare qual è il primo testo scritto in volgare: si tratta del Placito Capuano. Ma che cos’è un placito? È una sentenza scritta in latino nel Medioevo da un’autorità giudiziaria a termine di un processo. Il Placito Capuano è quindi una sentenza scritta nel 960 che ha la particolarità di contenere una parte redatta in volgare campano. Il testo è il seguente:
“Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti” (So che quelle terre, entro quei confini che qui sono indicati, per trenta anni le ebbe in possesso il monastero di San Benedetto).
L’autore di questo testo notarile è dunque un certo Arechisi che è quindi il primo a scriver in volgare lasciando una testimonianza scritta.
Arechisi era il giudice della città di Capua che doveva risolvere una contesa fra i monaci di un monastero di benedettini di Capua e un privato, un certo Rodolfo D’Aquino. Quest’ultimo pretendeva che gli venisse riconosciuta la proprietà di alcune terre rivendicate invece dai monaci, in base a un possesso trentennale continuativo. Questa frase è stata riportata in volgare per farsi capire dai testimoni che non parlavano latino e che avevano fatto la loro deposizione appunto in volgare.
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