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Quando si parla di capitale sociale, si intendono le risorse economiche e materiali di base di un’attività. Fondamentalmente, si tratta della base economica di ogni attività commerciale, come ad esempio un ristorante, un albergo o un’azienda. Il capitale sociale rappresenta non solo le somme di denaro iniziali da investire, ma anche attrezzature, macchinari e i soldi necessari per pagare i primi stipendi ai dipendenti.
Sono i soci dell’attività a decidere il proprio il capitale da investire in un’attività, quindi ci saranno soci che metteranno una quota in denaro, altri che invece possono fornire beni in natura.
Prendiamo come esempio la nascita di una piccola società informatica, magari formata da quattro soci. Due soci possono decidere di investire il denaro iniziale per la promozione della società, o per pagare gli stipendi ai primi dipendenti, per l’acquisto di software e magari di un server. Uno dei soci potrebbe avere un immobile da mettere a disposizione per allestire un ufficio, mentre il quarto socio potrebbe avere i computer necessari per svolgere l’attività.
Il capitale sociale in denaro, secondo il Codice Civile, va versato tramite bonifico al socio amministratore dei beni della società che una volta aperto il conto societario, si occuperà del versamento.
Ovviamente, il capitale sociale di un’azienda va registrato nello statuto e in altri documenti ufficiali che possono attestare il valore in denaro dei beni materiali, così come altre importanti informazioni. Inoltre, il patrimonio sociale viene diviso in quote/azioni tra i singoli soci, solitamente in base a quanto messo a disposizione. Da questo, può dipendere anche il potere decisionale all’interno della struttura societaria. Per tornare all’esempio di sopra, il socio che ha messo l’immobile a disposizione avrà una quota più alta del socio che ha dato all’azienda informatica i computer, in quanto un immobile ha sicuramente un valore più alto.
I soci quindi, devono avere delle quote di maggioranza assoluta o relativa. La maggioranza assoluta prevede che uno dei soci possieda più del 50% di quote/azioni, mentre quella relativa, prevede che uno dei soci possieda più quote degli altri, ma in misura inferiore al 50%.
In generale, nelle piccole aziende, le quote vengono distribuite in modo equo tra i vari soci, sia per una questione etica, sia perché spesso i soci sono amici o familiari e quindi vogliono ovviamente evitare dissapori dovuti al denaro.
Quindi, mentre il capitale sociale per le piccole aziende o attività viene distribuito senza divari troppo ampi, nelle grandi aziende le cose sono un po’ diverse, dato che entrano in gioco azionisti, soci e tanto altro ai quali ovviamente è necessario distribuire le quote.
Oltre a quello iniziale messo dai soci fondatori di un’attività, il capitale sociale si può modificare in base a diversi casi. Ad esempio, se entrano nuovi soci il capitale sociale può aumentare e le quote si dividono in nuove percentuali.
Un aumento di capitale può accadere anche nel caso i soci decidano di investire ulteriore denaro o beni in una società, mentre può diminuire se un socio decide di andare via dalla società e prendere con sé le proprie quote. Il capitale sociale può aumentare anche per la produzione di beni da parte della società, ad esempio se gli affari vanno a gonfie vele, le quote societarie si possono redistribuire in modo che i soci ottengano un maggiore profitto.
Le modifiche al capitale sociale ovviamente vanno discusse tra soci e documentate, con eventuali cambi nello statuto della società. Il capitale sociale viene chiamato anche capitale di rischio, proprio perché può diminuire o perché la società magari non raggiunge gli obiettivi prefissati e deve dichiarare fallimento.
La definizione di capitale sociale affonda le radici nella sociologia. Non a caso, il concetto si è formato proprio in ambio sociologico, grazie a Pierre Bourdieu nel 1986 e a James Coleman nel 1990. Fondamentalmente quindi, il capitale sociale ha interpretazioni a livello “collettivo”.
Secondo Coleman infatti, il capitale sociale è l’insieme di beni che degli individui mettono a disposizione per raggiungere un obiettivo comune. Allo stesso modo, il sociologo Robert Puntam nel 1993, lo definisce come “la fiducia, le norme che regolano la convivenza, le reti di associazionismo civico, elementi che migliorano l’efficienza dell’organizzazione sociale, promuovendo iniziative prese di comune accordo”.
Per questo, il capitale sociale si oppone all’approccio individualistico e tende a mirare alla collettività.
Il capitale sociale quindi è un concetto diviso tra economia e sociologia, ma ci sono anche diversi esperti con una laurea triennale in scienze bancarie e assicurative, capaci di assistere le imprese nella loro formazione.
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