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La città libica di Bengasi era in mano ai ribelli dal 22 febbraio; tre giorni dopo il consiglio popolare che lo governava annunciava di controllare la maggior parte dei pozzi petroliferi nell'est del Paese. Gli insorti avevano appena liberato la parte orientale della Libia dalle truppe di Gheddafi e in quest'area si concentravano i principali sfruttamenti petroliferi.
Gli avversari avevano preso il controllo di Zawiya e Misurata e si stavano dirigendo verso il loro prossimo obiettivo: la città natale di Gheddafi, Sirte. Il dittatore libico ha reagito inviando truppe a Sirte e aumentando l'armamento dei suoi seguaci a Tripoli.
Il 1 marzo, dopo una settimana sulla difensiva, Muammar Gheddafi ha inviato alcune truppe per riconquistare le città dell'ovest controllate dagli oppositori; ma questi respinsero gli attacchi. Il figlio di Gheddafi, Khamis, coordinava la difesa di Tripoli, dove suo padre era trincerato per guadagnare tempo. Non poteva avvalersi del potere militare a causa della pressione internazionale e cercava un negoziato disperato.
Il 2 marzo, le forze di Gheddafi hanno iniziato in mattinata un attacco a Marsa el Brega (importante enclave petrolifera) utilizzando aerei, fanteria e artiglieria pesante. I ribelli respinsero l'attacco e mantennero il controllo sulla città libica.
La popolazione di Ajdabiyah temeva allora che sarebbe arrivato il suo turno a causa del deposito di armi che si trovava in città e che fosse conveniente mettersi al passo con Gheddafi.
L'impazienza cominciava a prendere piede nel movimento ribelle che, pur controllando la Libia orientale, constatava la difficoltà di prendere la capitale del Paese senza l'aiuto della comunità internazionale.
Muammar Gheddafi ha alluso ancora una volta alla sua tesi del complotto per giustificare il suo fallimento dicendo che "c'è una cospirazione per dominare il petrolio libico e per colonizzare nuovamente la sua terra... Non saremo mai schiavi come lo eravamo per gli italiani". Il dittatore ha concluso minacciando di entrare "in una guerra sanguinosa" in cui "moriranno migliaia di libici se interverranno gli Stati Uniti o la Nato".
Carmen Rosillo
Laurea in giornalismo.
Area Giornalismo Digitale Euroinnova.
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