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Articoli di Infermieristica

Quanto dura una laurea in infermieristica chirurgica?

Laurea in infermieria chirurgica

Cos'è l'infermieristica chirurgica? Fa parte di medicina e viene esercitata principalmente nell'area chirurgica dove l'infermiere è incaricato del monitoraggio e della cura del paziente. paziente prima, durante e dopo il Intervento chirurgico. Avendo così la responsabilità di raccogliere tutte le attrezzatura chi partecipa alla chirurgia , fornendo allo stesso modo il necessario aiuto al medico chirurgo E anestesista e perché questa è una delle parti più importanti del settore salute,  riceve grande attenzione. La carriera infermieristica chirurgica ha una responsabilità importante, poiché è responsabile dell'intero processo chirurgico del paziente in generale. Se vuoi acquisire una migliore conoscenza della materia, ti spiego passo passo quali sono le funzioni che deve svolgere un infermiere chirurgico ? e quanto dura la laurea in infermieristica chirurgica ?   Quali sono le funzioni che dovrebbe svolgere un infermiere chirurgico? Il successo dell'infermiere dipende dalle sue qualità personali come la concentrazione , la precisione e la capacità di reagire sotto pressione. Adempiere a una serie di funzioni che sono le seguenti: L'infermiere chirurgico deve effettuare un esame approfondito del paziente ( pre-operatorio ) per verificare che le sue condizioni fisiche non siano a rischio. Certificare che la storia clinica è corretta, quindi portare il paziente in sala operatoria. Mentre sei in sala operatoria, devi preparare e avere il controllo della strumentazione e dei medicinali, necessari per l'intervento chirurgico. Servirà come supporto costante per il chirurgo e l' anestesista durante l'intervento. Al termine dell'intervento chirurgico, il paziente rimane a lungo sotto la cura di questo specialista (infermiere), osservando la sua reazione agli effetti dell'anestesia. Dopo che il paziente sarà stabile, l'infermiera lo trasferirà nella sua stanza. Lì devi eseguire nuovamente una valutazione ( post-operatoria ) per assicurarti di non avere infezioni o altri problemi. Infine, è necessario controllare che il processo di sterilizzazione dell'apparecchiatura sia corretto. Quanto dura la laurea in infermieristica chirurgica? Questo professionista è colui che garantisce la salute e la vita del paziente durante l'intervento chirurgico, per questo motivo riceve un grande privilegio in questa specialità, essendo necessaria una buona preparazione universitaria , ricorda che più conoscenze acquisisci, migliore è la formazione e reclutamento in ambito lavorativo, la durata di questa gara è suddivisa in più fasi che sono: - Titolo di Tecnico Superiore: chi si prepara per cinque semestri per conseguire la laurea e sarà in grado di eseguire alcune procedure infermieristiche di base, soprattutto nell'area della sala operatoria, come strumentista , tra gli altri. Questa carriera ha una durata massima di due o tre anni. - Laurea triennale: potrai ottenere un po' più di vantaggio rispetto a quello tecnico, poiché riceverai maggiori conoscenze nell'area e servirà da impulso per continuare a salire nell'area lavorativa , economica e professionale. Questa carriera richiede un tempo stabilito tra i quattro ei cinque anni. -Master; se vuoi specializzarti ancora di più, puoi studiare altri due anni per ricevere la laurea magistrale. Sebbene ci siano altri metodi in cui puoi tenerti aggiornato, con le più avanzate conoscenze infermieristiche chirurgiche. Seguendo corsi in istituto o online, potrai partecipare a seminari, dove ti forniranno gli strumenti e le conoscenze necessarie per tenerti aggiornato. La chiave per aumentare le prestazioni professionali e la sicurezza dipende da queste risorse. Spero che con queste informazioni tu riesca a coordinare le tue idee e tu possa prendere la decisione migliore. Vuoi sapere quanto dura la carriera infermieristica chirurgica? Vivi una meravigliosa esperienza di conoscenza medica seguendo i corsi online avanzati offerti da Euroinnova, come il Corso di Infermieristica Chirurgica ...

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Stipendio di un laureato in biologia

Stipendio di un laureato in biologia

Scopri quanto guadagna un laureato in Biologia Se sei un diplomato, ti piace la ricerca e non sai ancora quale specializzazione scegliere, Biologia potrebbe essere l'opzione migliore per iniziare all'università. Ma, prima di prendere la decisione di studiare Biologia , dovresti scoprire molto bene cos'è un biologo, qual è il suo campo di lavoro e quanto guadagna un laureato in Biologia . Per questo motivo, qui spieghiamo cosa devi sapere su questa interessante professione. In linea di principio, un biologo è lo scienziato incaricato di studiare e investigare gli esseri viventi che abitano il pianeta; cioè dai piccoli microrganismi ai grandi sistemi. Questo studia anche le relazioni tra i vari microsistemi che compongono le cellule di un organismo e il suo ambiente. In genere, questi professionisti indagano per risolvere i problemi di salute delle persone e il loro campo di lavoro è così vasto che non è possibile dire esattamente quanto guadagna un laureato in Biologia . Lo stipendio di un biologo secondo le borse del lavoro Se sei stato interessato a queste informazioni e ritieni che la biologia potrebbe essere la carriera dei tuoi sogni, dovresti sapere che la maggior parte delle bacheche di lavoro considera che questa sia una delle professioni meglio pagate sul mercato. Tuttavia, determinare quanto guadagna un laureato in Biologia dipenderà dal settore in cui lavora, dall'area di ricerca che sceglie, dalla posizione che ricopre e dal paese in cui esercita questa professione. Secondo le informazioni che abbiamo analizzato per te, un professionista mediodelle scienze della vita che lavora come ricercatore può guadagnare circa $ 900 al mese se lavora 8 ore al giorno, ma dipende anche dal paese. Ad esempio, in America Latina gli stipendi medi di questi professionisti sono i seguenti: Argentina: 32.000 pesos ($ 600 dollari). Messico: 23.000 pesos messicani ($ 1.129 dollari). Cile: 750.000 pesos cileni ($ 960 dollari). Perù: 1.800 suole peruviane ($ 450 dollari). Ecuador: $ 800 dollari. Stabilire invece quanto guadagna un laureato in Biologia negli Stati Uniti d'America dipende dalla zona in cui lavora e dal suo ambito di ricerca. Nonostante questo, puoi guadagnare più di $ 10.000 al mese, d'altra parte, in Spagna, lo stipendio medio di un biologo di laboratorio è di almeno € 1.680. Lo stipendio dipende dal tuo campo di lavoro Come vi abbiamo già informato, il settore lavorativo è determinante per sapere quanto guadagna un laureato in Biologia . Quindi questo tipo di ricercatore può lavorare in Botanica, Zoologia, Ecologia, Genetica, Farmacologia nell'area della Biochimica, Ingegneria Genetica, Biologia Molecolare, Fisiologia, Biotecnologia, Biologia Marina , tra gli altri, e per ciascuno di questi sono stabiliti stipendi diversi campi. . Ora, se oltre al tuo stipendio ti piace l'avventura e vuoi cambiare il tuo camice bianco con uno scafandro, uno dei campi più entusiasmanti di questa carriera è Biologia Marina. In effetti, questa è una delle specialità più richieste dagli studenti oggi, poiché un biologo marino studia gli animali e i microrganismi che vivono nel mare. I suoi compiti principali sono: Analizzare campioni di vita marina. Indaga sulle specie. Scopri come funzionano gli ecosistemi acquatici. Determina in che modo le attività umane influenzano l'ambiente marino. Quanto guadagna un laureato in Biologia Marina? Secondo le offerte di lavoro che vengono pubblicate sul web, in Spagna un biologo marino a tempo pieno può guadagnare circa 3.500 euro al mese, ovvero 3.900 dollari. Questa cifra è quasi il doppio di quanto guadagneresti in un laboratorio tradizionale nello stesso paese. D'altra parte, negli Stati Uniti un ricercatore marino può guadagnare circa $ 250.000 all'anno. In sintesi, hai già informazioni aggiornate su quanto guadagna un laureato in Biologia per prendere una decisione. Infine, ti informiamo che per essere assunto a livello internazionale, la maggior parte delle organizzazioni richiede che tu abbia un master in uno qualsiasi dei campi che abbiamo menzionato. Per questo Euroinnova, la Business School specializzata nella formazione online , ti propone diversi corsi sul territorio, come il Master in Biologia Marina. Visita il sito e scopri i dettagli su questo corso. Corsi di specializzazione in Biologia ...

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Stimolazione ovarica: concetto, sviluppo e trattamenti

Stimolazione ovarica: concetto, sviluppo e trattamenti

La stimolazione ovarica è una procedura medica ampiamente utilizzata in ambito di fertilità assistita, che ha come scopo principale l'aumento della produzione di ovociti maturi. Questa pratica è fondamentale in vari trattamenti, come la fecondazione in vitro (IVF) e l'inseminazione artificiale, poiché permette di ottenere un numero maggiore di ovociti rispetto a quanto avviene naturalmente durante il ciclo mestruale. L'intervento di stimolazione viene condotto tramite l'uso di farmaci che stimolano le ovaie, favorendo lo sviluppo simultaneo di diversi follicoli. Questo articolo si propone di fornire una panoramica completa sulla stimolazione ovarica, spiegando in dettaglio il concetto, il processo, i trattamenti, i rischi associati e i farmaci coinvolti. Concetto di stimolazione ovarica La stimolazione ovarica è una tecnica che mira a incrementare il numero di ovociti disponibili per la fecondazione. In un ciclo mestruale normale, una donna produce solitamente un solo ovocita maturo per mese. Tuttavia, in contesti di fertilità assistita, come la fecondazione in vitro o l'inseminazione artificiale, è desiderabile ottenere un maggior numero di ovociti per aumentare le probabilità di successo del trattamento. Per questo motivo, si ricorre alla stimolazione delle ovaie attraverso l'uso di farmaci specifici che agiscono sull'asse ipotalamo-ipofisi-ovaio, inducendo la crescita e maturazione di diversi follicoli contemporaneamente. Tipologie di stimolazione ovarica La necessità della stimolazione ovarica sorge principalmente in situazioni di infertilità o in donne che devono sottoporsi a trattamenti di fertilità assistita. In questi casi, ottenere un numero maggiore di ovociti aumenta la possibilità di selezionare quelli di migliore qualità, aumentando così le probabilità di successo della fecondazione in vitro o di altri trattamenti simili. Esistono diversi protocolli di stimolazione ovarica, ciascuno adattato alle caratteristiche specifiche della paziente: Stimolazione ovarica leggera: Viene utilizzata una quantità ridotta di farmaci per stimolare la crescita di un numero limitato di follicoli. Questo approccio è indicato per donne con una buona riserva ovarica o che sono sensibili ai farmaci. Stimolazione ovarica controllata: Si tratta della forma più comune di stimolazione, in cui si utilizzano dosi standard di farmaci per stimolare la produzione di un numero maggiore di follicoli. Questo protocollo è indicato per la maggior parte delle pazienti. Stimolazione ovarica aggressiva: In casi particolari, come donne con riserva ovarica molto bassa, si può ricorrere a dosi elevate di farmaci per tentare di ottenere il massimo numero possibile di ovociti. Come si sviluppa? Il processo di stimolazione ovarica segue una serie di fasi ben definite, che possono variare leggermente in base al protocollo adottato e alle caratteristiche individuali della paziente. Di seguito, una descrizione dettagliata delle principali fasi. Fase 1: Valutazione preliminare Prima di iniziare qualsiasi trattamento di stimolazione ovarica, è essenziale eseguire una valutazione preliminare completa. Questa fase include una serie di esami del sangue per valutare i livelli ormonali della paziente (come FSH, LH ed estradiolo), oltre a un'ecografia transvaginale per valutare la riserva ovarica e la struttura delle ovaie. La valutazione preliminare permette di personalizzare il protocollo di stimolazione in base alle esigenze specifiche della paziente, tenendo conto di fattori come l'età, la riserva ovarica e la risposta attesa ai farmaci. Fase 2: Somministrazione di farmaci La stimolazione ovarica vera e propria inizia con la somministrazione di farmaci specifici, come le gonadotropine (FSH e LH) e gli analoghi del GnRH. Questi farmaci vengono solitamente somministrati tramite iniezioni sottocutanee, che la paziente può auto-somministrarsi a casa dopo un'adeguata istruzione. I farmaci hanno il compito di stimolare la crescita dei follicoli ovarici, promuovendo lo sviluppo di più follicoli simultaneamente. Fase 3: Monitoraggio Durante il processo di stimolazione ovarica, è fondamentale un monitoraggio regolare per valutare la crescita dei follicoli e la risposta ovarica ai farmaci. Questo monitoraggio avviene tramite ecografie transvaginali e ulteriori esami del sangue per controllare i livelli di estradiolo. Sulla base di questi dati, il medico può decidere di modificare le dosi dei farmaci o intervenire con altre misure per ottimizzare il processo. Fase 4: Maturazione finale Quando i follicoli hanno raggiunto una dimensione adeguata (solitamente tra i 18 e i 20 mm di diametro), viene somministrata una dose di hCG (gonadotropina corionica umana) per indurre la maturazione finale degli ovociti. Questo passo è cruciale perché prepara gli ovociti per il prelievo, che avverrà circa 36 ore dopo l'iniezione di hCG. Fase 5: Prelievo degli ovociti Il prelievo degli ovociti avviene tramite una procedura chiamata aspirazione follicolare, che viene eseguita sotto sedazione leggera o anestesia generale. Utilizzando un ago sottile, il medico aspira i follicoli maturi, raccogliendo gli ovociti che saranno poi utilizzati per la fecondazione in vitro o altre tecniche di fertilità assistita. Trattamento di stimolazione ovarica Il trattamento di stimolazione ovarica è un processo complesso e personalizzato, che richiede un'attenta pianificazione e monitoraggio per garantire i migliori risultati possibili. La personalizzazione del trattamento è essenziale, poiché ogni donna può rispondere in modo diverso ai farmaci utilizzati. Durante la stimolazione ovarica, è cruciale considerare anche altri aspetti della salute materna. Ad esempio, una corretta nutrizione in gravidanza, è fondamentale per il benessere della donna e del nascituro, soprattutto quando si intraprendono trattamenti complessi come questo. Se vuoi approfondire altri aspetti della salute materna e neonatale, potresti essere interessato al master nutrizione in gravidanza allattamento e infanzia. Durata della stimolazione ovarica La durata del trattamento di stimolazione ovarica può variare da paziente a paziente, ma in genere dura tra i 10 e i 14 giorni. Tuttavia, la durata può essere estesa o ridotta in base alla risposta individuale della paziente. Durante la stimolazione ovarica, il monitoraggio continuo è essenziale per regolare il trattamento in corso e prevenire complicazioni come la sindrome da iperstimolazione ovarica (OHSS), una delle complicazioni più temute di questo trattamento. Rischi di questa pratica Come per qualsiasi procedura medica, anche la stimolazione ovarica comporta alcuni rischi e possibili complicazioni. Sebbene la maggior parte delle donne non sperimenti effetti avversi gravi, è importante essere consapevoli dei potenziali rischi: Sindrome da iperstimolazione ovarica (OHSS): Questa condizione può verificarsi quando le ovaie rispondono eccessivamente alla stimolazione, producendo un numero eccessivo di follicoli. I sintomi dell'OHSS possono variare da lievi (gonfiore, dolore addominale) a gravi (accumulo di liquidi nell'addome e nel torace, insufficienza renale). In casi estremi, l'OHSS può essere pericolosa per la vita. Gravidanza multipla: Aumentando il numero di ovociti disponibili per la fecondazione, la stimolazione ovarica aumenta anche la probabilità di gravidanze multiple, che comportano rischi sia per la madre che per i bambini, come parto prematuro e complicazioni perinatali. In alcuni casi, la terapia intensiva neonatale può essere necessaria se la stimolazione ovarica porta a una gravidanza multipla con rischi associati. Pertanto in queste circostanze, è cruciale sapere qual è la differenza tra un pediatra e un neonatologo, per poter fornire la migliore assistenza possibile ai neonati in condizioni critiche. Effetti collaterali: Gli effetti collaterali dei farmaci utilizzati nella stimolazione ovarica possono includere mal di testa, affaticamento, sbalzi d'umore, e dolori addominali. Questi sintomi sono generalmente lievi e temporanei, ma in alcuni casi possono essere più intensi. Rischi a lungo termine: Alcuni studi hanno sollevato preoccupazioni riguardo a un possibile aumento del rischio di tumori ovarici a lungo termine nelle donne che si sottopongono a stimolazioni ovariche ripetute. Tuttavia, la ricerca in questo campo non è conclusiva, e il rischio sembra essere basso. Farmaci nella stimolazione ovarica I farmaci utilizzati nella stimolazione ovarica sono fondamentali per il successo del trattamento. Questi farmaci agiscono a vari livelli del sistema endocrino per stimolare la crescita dei follicoli e preparare gli ovociti per la fecondazione. Di seguito una panoramica dei principali farmaci utilizzati: Gonadotropine: Le gonadotropine, come l'FSH (ormone follicolo-stimolante) e l'LH (ormone luteinizzante), sono ormoni essenziali per la stimolazione delle ovaie. Questi farmaci sono spesso utilizzati nelle iniezioni sottocutanee e hanno il compito di stimolare direttamente le ovaie a produrre diversi follicoli. Analoghi del GnRH: Gli analoghi del GnRH (agonisti o antagonisti del GnRH) sono utilizzati per controllare la secrezione di LH e prevenire un picco prematuro, che potrebbe compromettere il processo di maturazione dei follicoli. Questi farmaci permettono un maggiore controllo sulla tempistica del ciclo di stimolazione. hCG: L'hCG (gonadotropina corionica umana) è somministrato nella fase finale della stimolazione per indurre la maturazione finale degli ovociti, rendendoli pronti per il prelievo. L'hCG imita l'azione dell'LH naturale, causando il rilascio dell'ovocita dal follicolo. Offerta formativa che ti potrebbe interessare Vuoi formarti con Euroinnova Formazione per diventare un esperto di infermieristica? Dai un'occhiata qui! ...

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Terapia del dolore: cos'è 

Terapia del dolore: cos'è 

La terapia del dolore è un approccio multidisciplinare finalizzato a gestire e alleviare il dolore cronico o persistente che può derivare da una vasta gamma di cause, tra cui malattie, lesioni, interventi chirurgici o condizioni neurologiche. Questo tipo di terapia mira a migliorare la qualità della vita dei pazienti, riducendo il disagio fisico e promuovendo il benessere emotivo e psicologico. La terapia del dolore può coinvolgere diverse modalità di trattamento, tra cui farmaci, interventi chirurgici, terapie fisiche, terapie psicologiche, tecniche di rilassamento e altre terapie complementari e alternative. L'obiettivo principale è quello di fornire un sollievo ottimale dal dolore, consentendo ai pazienti di mantenere un livello accettabile di funzionamento e di partecipare alle attività quotidiane. Se ti interessa l’ambito della terapia del dolore e vorresti imparare di più su cosa sono le cure palliative, potresti voler dare un’occhiata al Master Online in Infermieristica di Euroinnova! Concetto di terapia del dolore Il ruolo della terapia del dolore è quello di gestire in modo efficace il dolore cronico o persistente al fine di migliorare la qualità della vita dei pazienti. Questo tipo di terapia mira a fornire sollievo dal dolore attraverso una combinazione di approcci farmacologici e non farmacologici, adattati alle esigenze individuali dei pazienti. Il trattamento del dolore può coinvolgere diverse specialità mediche, compresi medici, chirurghi, fisioterapisti, psicologi e altri professionisti sanitari. La terapia del dolore si concentra non solo sul controllo del sintomo del dolore, ma anche sull'affrontare gli aspetti fisici, emotivi e sociali che possono essere influenzati dalla condizione dolorosa. Inoltre, la terapia del dolore può includere l'educazione dei pazienti e dei loro familiari sull'autogestione del dolore e sull'uso sicuro e appropriato dei farmaci analgesici. Cos'è il dolore? Il dolore è una percezione sensoriale ed emotiva sgradevole che può essere causata da danni tissutali, lesioni o malattie. Si tratta di un segnale di allarme del corpo che indica la presenza di un problema e spinge l'individuo a reagire per proteggere se stesso o per risolvere la causa del dolore. Il dolore può manifestarsi in varie forme e intensità e può essere acuto o cronico. Mentre il dolore acuto è di solito di breve durata e si risolve con il tempo o con il trattamento, il dolore cronico può persistere per lungo tempo e avere un impatto significativo sulla qualità della vita. Vie del dolore Le vie del dolore sono le vie neurali attraverso le quali il segnale di dolore viene trasmesso dal sito di lesione o danno al cervello. Esistono due principali vie del dolore: la via nocicettiva e la via neospinale. Via nocicettiva: Questa via trasmette il dolore proveniente da stimoli nocivi, come tagli, ustioni o lesioni. Il segnale di dolore viene rilevato dai recettori del dolore, chiamati nocicettori che si trovano nella pelle, nei muscoli e negli organi interni. Questi segnali vengono quindi trasmessi attraverso fibre nervose sensoriali al midollo spinale e poi al cervello. Via neospinale: Questa via trasmette il dolore acuto e veloce. I segnali di dolore vengono inviati attraverso fibre nervose veloci al midollo spinale, dove vengono trasferiti rapidamente al cervello per essere elaborati. Queste vie del dolore sono cruciali per il processo di percezione e risposta al dolore nel corpo umano. Come si effettua la terapia del dolore La terapia del dolore può essere effettuata attraverso diverse modalità che possono includere trattamenti farmacologici, non farmacologici e interventi invasivi, a seconda della natura e dell'intensità del dolore. I trattamenti farmacologici coinvolgono l'uso di farmaci come antidolorifici, antinfiammatori o analgesici oppioidi per alleviare il dolore. I trattamenti non farmacologici possono comprendere terapie fisiche, terapie occupazionali, massoterapia, terapia cognitivo-comportamentale o tecniche di rilassamento. Gli interventi invasivi includono procedure come iniezioni di steroidi, blocchi nervosi, neurostimolazione o chirurgia per trattare la causa sottostante del dolore. La scelta del trattamento dipende dalla valutazione individuale del paziente da parte di un medico specialista del dolore. Trattamento del dolore La terapia del dolore può essere gestita attraverso una varietà di approcci, che possono essere farmacologici o non farmacologici, a seconda della causa e della gravità del dolore. Alcuni metodi comuni includono: Terapia farmacologica: Questo approccio coinvolge l'uso di farmaci per alleviare il dolore. I farmaci comunemente prescritti includono analgesici da banco come paracetamolo e farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) come ibuprofene e naprossene. Per il dolore più grave, possono essere prescritti oppioidi o altri farmaci più potenti. Terapia fisica: Questo coinvolge l'uso di tecniche fisiche come fisioterapia, massaggi e terapia occupazionale per ridurre il dolore e migliorare la funzione fisica. Terapia cognitivo-comportamentale (TCC): Questo approccio si concentra sul cambiamento di atteggiamenti e comportamenti associati al dolore attraverso la terapia psicologica, l'educazione sul dolore e le tecniche di gestione dello stress. Terapia interventistica: Questa categoria comprende procedure invasive o mininvasive, come le iniezioni di corticosteroidi, i blocchi nervosi e le terapie neurochirurgiche che mirano a ridurre o bloccare il segnale di dolore in specifiche aree del corpo. Terapie alternative e complementari: Queste possono includere tecniche come l'agopuntura, la terapia di massaggio, la meditazione, lo yoga e l'uso di integratori naturali. Sebbene non sempre supportate da prove scientifiche solide, molte persone trovano sollievo dal dolore attraverso queste pratiche. Trattamenti farmacologici I trattamenti farmacologici per il dolore dipendono dalla natura e dalla gravità del dolore. Per il dolore lieve o moderato, vengono comunemente prescritti farmaci da banco come il paracetamolo o farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) come l'ibuprofene. Per il dolore più grave, possono essere prescritti oppioidi come la morfina o farmaci anticonvulsivanti o antidepressivi per il dolore neuropatico. Tuttavia, l'uso di oppioidi è soggetto a limitazioni a causa del rischio di dipendenza e di effetti collaterali. Trattamenti non farmacologici I trattamenti non farmacologici per il dolore sono molteplici e possono essere utilizzati da soli o in combinazione con terapie farmacologiche. Tra questi trattamenti vi sono la terapia fisica che include esercizi di stretching e di rafforzamento muscolare, la terapia occupazionale per migliorare la funzionalità quotidiana, la terapia cognitivo-comportamentale per gestire il dolore emotivo e l'ansia associati, la terapia occupazionale, la terapia fisica e la terapia di rilassamento come la meditazione e la mindfulness. Queste approcci mirano a migliorare la qualità della vita e a ridurre il disagio causato dal dolore. Trattamenti Invasivi I trattamenti invasivi per il dolore includono procedure che coinvolgono l'introduzione di aghi o dispositivi nel corpo per alleviare il dolore. Questi possono comprendere iniezioni di farmaci direttamente nell'area afflitta, come iniezioni di steroidi o anestetici, o procedure più invasive come la radiofrequenza o la neuro stimolazione. Altre opzioni possono includere la terapia di blocco nervoso per interrompere la trasmissione del dolore lungo i nervi specifici o interventi chirurgici per correggere o alleviare la causa sottostante del dolore cronico. Offerta formativa che ti potrebbe interessare Se anche tu vuoi formarti come esperto in infermieristica, non dimenticare di iscriverti a Euroinnova Formazione! MASTER CURE PALLIATIVE E TERAPIA DEL DOLORE: Master I Livello in gestione delle cure palliative e della terapia del dolore ...

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Come diventare infermiere?

Come diventare infermiere?

Come diventare infermiere  In Italia, per diventare infermiere bisogna conseguire la Laurea in Infermieristica, da non confondere però con i corsi per OSS (Operatore Socio Sanitario), dedicati a chi vuole trovare lavoro nell’assistenza personale a persone in condizioni di disagio o non autosufficienti dal punto di vista fisico e psichico.  Ottenere una laurea in infermieristica triennale e magistrale è l’unico modo per lavorare in una clinica privata o in un ospedale come professionista sanitario. Come molti corsi di laurea nel campo della medicina, anche quelli di infermieristica sono ad accesso programmato, ovvero a numero chiuso.  Quanti infermieri ci sono ogni anno in Italia? Il numero di posti disponibili viene definito ogni anno dal Ministero dell’Istruzione (MIUR), quindi per potersi iscrivere ad infermieristica, gli studenti devono superare un test di ingresso. Prima ancora del test, gli studenti devono svolgere un tirocinio professionale e una prova finale. Il superamento del test permette di iscriversi all’albo degli infermieri e di svolgere il lavoro di infermiere nelle strutture sanitarie private e pubbliche.   Il corso di laurea in infermieristica è nato in Italia nel 1990, con la riforma degli ordinamenti didattici universitari. Fino agli anni ’90 era possibile esercitare la professione di infermiere, iscrivendosi alla scuola per infermieri.   Specializzazione infermieristica, la chiave Dopo la laurea, gli infermieri possono specializzarsi con un Master al fine di ottenere competenze specifiche in diverse aree della medicina. Ad esempio è possibile diventare infermiere geriatrico, infermiere psichiatrico, infermiere di comunità o di sala operatoria. Gli infermieri, possono anche proseguire gli studi con il corso di laurea in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche, oppure con il dottorato di ricerca. Entrambi i percorsi permettono di cercare un impiego nel campo infermieristico, ricoprendo diversi ruoli tra i quali quelli di direzione, docenza, gestione e formazione.  Oltre alla laurea o al master, l’infermiere deve anche avere una propensione innata per l’assistenza al prossimo. L’empatia è fondamentale, sia quando si lavora con le persone adulte, sia con i bambini. Allo stesso modo, l’infermiere deve saper lavorare di squadra con i colleghi, con i medici e ovviamente con il personale della struttura.   Chi diventa infermiere deve saper unire competenze scientifiche, tecniche e umane, per poter assistere al meglio i pazienti e lavorare al massimo delle proprie capacità, per garantire un ricovero piacevole o quantomeno tollerabile. Allo stesso modo, l’infermiere deve alleviare o prevenire la sofferenza dei pazienti, specialmente di quelli che soffrono di malattie gravi.    Di cosa si occupa un infermiere? L’infermiere è una figura fondamentale nella sanità e lavora a stretto contatto con i dottori e i pazienti. Fondamentalmente, l’infermiere accoglie i pazienti nella struttura pubblica o privata dove lavora, cercando di individuare il problema. In seguito pianifica il percorso di cura e di assistenza, sempre tenendo conto delle necessità dell’assistito. L’infermiere ovviamente, si occupa anche della parte tecnica del lavoro, applicando medicinali e assistendo i pazienti durante la loro permanenza nella struttura. Gli infermieri specializzati, assistono i medici nelle operazioni e in altre operazioni.   Allo stesso modo, l’infermiere monitora attentamente lo stato di salute del paziente, comunicando al medico eventuali cambiamenti o problematiche che possono insorgere, ad esempio dopo un’operazione delicata o il decorso di una malattia.   Durante la pandemia del Covid-19, gli infermieri di tutto il mondo sono diventati un simbolo di speranza. Insieme ai medici e agli altri lavoratori in ambito sanitario, gli infermieri sono rimasti in prima linea, per la cura e il sostegno dei pazienti Covid-19 e delle loro famiglie.   Dove può lavorare un infermiere?  Gli infermieri possono cercare un impiego nel pubblico e nel privato, oppure lavorare come liberi professionisti. Gli enti pubblici comprendono aziende sanitarie locali, aziende ospedalieri, strutture di cura e ricovero. Tra gli enti privati invece troviamo le strutture residenziali, gli ambulatori e le cliniche specialistiche. Gli infermieri sono molto richiesti anche nelle ONG.   Superare un concorso pubblico per lavorare nel settore pubblico Per lavorare negli enti pubblici è richiesto il superamento di un concorso pubblico, mentre nel privato l’infermiere può inviare il suo CV all’azienda d’interesse, per poter eventualmente sostenere un colloquio a scopo di assunzione.    La libera professione per gli infermieri è un fenomeno che si sta sviluppando negli ultimi anni, in quanto diversi neolaureati o professionisti navigati, preferiscono organizzarsi individualmente.   Per esercitare la libera professione, un infermiere potrebbe dover aprire una partita IVA, in modo da poter lavorare in ambulatori infermieristici, in delle cooperative, o anche a domicilio. In generale, come molti liberi professionisti, agli infermieri conviene sfruttare la partita IVA a regime forfettario.   Quanto guadagna un infermiere in Italia? Per quanto riguarda lo stipendio, un infermiere può arrivare a guadagnare fino a 1700 € al mese lordi. In Italia gli stipendi per gli infermieri sono abbastanza bassi, rispetto all’impegno richiesto e alla responsabilità. All’estero un infermiere guadagna di più, con stipendi che arrivano anche a 2500 € al mese. Non è raro infatti che molti neolaureati in infermeria, preferiscano cercare lavoro all’estero, anche perché gli infermieri italiani, essendo molto preparati, sono ricercati in diverse strutture in altri paesi europei.  ...

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Come è fatto questo tipo di bendaggio?

Come è fatto questo tipo di bendaggio?

Le bende all’ossido di zinco sono un tipo di fasciatura usata per scopi terapeutici e ortopedici. Sono composte da una base di garza o cotone impregnato con una pasta contenente ossido di zinco. Questo materiale è scelto per le sue proprietà benefiche sulla pelle e per la sua capacità di creare una barriera protettiva. La produzione di queste bende coinvolge vari passaggi: In primo luogo, la garza o il tessuto di cotone viene tagliato in strisce di varie dimensioni a seconda delle necessità cliniche. Successivamente, queste strisce vengono impregnate con una pasta di ossido di zinco. La pasta è composta principalmente da ossido di zinco, una polvere bianca fine, che viene miscelata con sostanze emollienti come paraffina o altri oli minerali per creare una consistenza pastosa. Questa miscela permette alla benda di aderire bene alla pelle, rimanendo allo stesso tempo flessibile. Una volta impregnate, le bende vengono avvolte in rotoli e confezionate in modo sterile per garantire che siano pronte all'uso senza rischio di infezioni. Le bende possono essere ulteriormente trattate con agenti antimicrobici o altre sostanze terapeutiche, a seconda delle specifiche esigenze mediche. A cosa servono le bende all'ossido di zinco? Le bende all’ossido di zinco sono utilizzate in diversi ambiti medici grazie alle loro proprietà terapeutiche. I loro principali usi includono: Trattamento delle ulcere venose: Le bende all'ossido di zinco sono particolarmente efficaci nel trattamento delle ulcere venose. Queste ulcere sono spesso causate da insufficienza venosa cronica e l'ossido di zinco aiuta a ridurre l'infiammazione, a migliorare la circolazione e a favorire la guarigione delle ferite. Supporto e compressione: Queste bende forniscono supporto e compressione alle articolazioni e ai muscoli, rendendole utili per trattare distorsioni, stiramenti e altre lesioni muscoloscheletriche. La compressione aiuta a ridurre il gonfiore e a stabilizzare l'area interessata. Gestione della dermatite: Le proprietà lenitive dell'ossido di zinco lo rendono utile nella gestione della dermatite, in particolare per le eruzioni cutanee causate da irritazioni o allergie. Le bende possono essere applicate per proteggere la pelle irritata e per prevenire ulteriori danni. Prevenzione delle infezioni: Le bende all'ossido di zinco possono essere utilizzate per prevenire le infezioni in ferite aperte o ulcere. L'ossido di zinco ha proprietà antimicrobiche che aiutano a mantenere la ferita pulita e a promuovere una guarigione sana. Per saperne di più sull'applicazione e sugli usi delle bende all'ossido di zinco, puoi consultare risorse come questo articolo su cosa sono le cure primarie. Tipi di bendaggio Esistono diversi tipi di bendaggio utilizzati per vari scopi medici e terapeutici, ciascuno con caratteristiche specifiche che li rendono adatti per determinati utilizzi. Ecco alcuni dei principali tipi di bendaggio: Bendaggi compressivi: Questi bendaggi sono ideati per fornire compressione alle aree interessate, riducendo il gonfiore e migliorando la circolazione sanguigna. Sono comunemente utilizzati nel trattamento delle ulcere venose e delle condizioni linfatiche. Bendaggi elastici: Realizzati con materiali elastici, questi bendaggi sono utilizzati per supportare muscoli e articolazioni senza limitare troppo il movimento. Sono spesso utilizzati per trattare distorsioni e stiramenti. Bendaggi adesivi: Questi bendaggi hanno una superficie adesiva che permette loro di aderire direttamente alla pelle. Sono utilizzati per fissare medicazioni o per fornire supporto alle articolazioni. Esempi includono i cerotti e i nastri kinesio. Bendaggi coesivi: Questi bendaggi aderiscono a se stessi ma non alla pelle, rendendoli facili da applicare e da rimuovere senza causare irritazioni. Sono spesso utilizzati per fissare medicazioni e per fornire supporto leggero. Bendaggi impregnati: Questi includono bende impregnate con sostanze terapeutiche, come le bende all’ossido di zinco. Sono utilizzati per trattare specifiche condizioni mediche, come ulcere e dermatiti. Bendaggi rigidi: Questi bendaggi non sono elastici e forniscono un supporto rigido alle aree interessate. Sono comunemente utilizzati per immobilizzare fratture e lesioni gravi. Per approfondire le diverse tipologie di bendaggio, puoi esplorare ulteriori informazioni master online trasporto ed emergenze sanitarie di Euroinnova. Indicazioni per l’utilizzo delle bende all’ossido di zinco L'utilizzo delle bende all'ossido di zinco richiede una certa attenzione per garantire che siano applicate correttamente e che offrano i benefici terapeutici desiderati. Ecco alcune indicazioni per il loro utilizzo: Preparazione della pelle: Prima di applicare la benda, la pelle deve essere pulita e asciutta. Eventuali ferite devono essere trattate con soluzioni antisettiche per prevenire infezioni. È importante rimuovere eventuali residui di creme o lozioni che potrebbero impedire alla benda di aderire correttamente. Misurazione e taglio: La benda deve essere tagliata alla lunghezza adeguata per coprire l'area interessata senza essere troppo stretta o troppo larga. Un taglio preciso aiuta a garantire una copertura uniforme e una compressione adeguata. Applicazione uniforme: La benda deve essere applicata in modo uniforme, senza creare pieghe o accumuli di materiale. È importante evitare di applicare la benda troppo strettamente, poiché potrebbe interferire con la circolazione sanguigna. Monitoraggio della pelle: Dopo l'applicazione, è essenziale monitorare la pelle per eventuali segni di irritazione o allergia. Se si notano arrossamenti, pruriti o gonfiori, la benda deve essere rimossa immediatamente e l'area deve essere valutata da un professionista sanitario. Cambio della benda: Le bende all'ossido di zinco devono essere cambiate regolarmente, in base alle indicazioni del medico o del produttore. La frequenza del cambio dipende dalla condizione della pelle e dalla risposta al trattamento. Consultazione medica: Prima di utilizzare le bende all'ossido di zinco, è sempre consigliabile consultare un medico, soprattutto se si ha una storia di allergie o di problemi cutanei. Un professionista sanitario può fornire indicazioni specifiche su come utilizzare correttamente le bende e su quanto spesso cambiarle. Per ulteriori approfondimenti sulle indicazioni specifiche per l'utilizzo delle bende all'ossido di zinco, puoi consultare [questo articolo su cosa sono le cure palliative. Durata del bendaggio La durata del bendaggio all'ossido di zinco può variare a seconda della condizione trattata e della risposta individuale al trattamento. Generalmente, le bende all'ossido di zinco possono essere lasciate in posizione per diversi giorni, ma è importante seguire le indicazioni del medico o del produttore. Ulcere venose: Nel trattamento delle ulcere venose, le bende all'ossido di zinco possono rimanere in posizione per 7-10 giorni. Durante questo periodo, la benda fornisce una compressione costante e protegge la ferita, promuovendo la guarigione. Lesioni muscoloscheletriche: Per lesioni come distorsioni o stiramenti, la durata del bendaggio dipende dalla gravità della lesione. In generale, le bende possono essere applicate per periodi più brevi, da alcuni giorni a una settimana, con cambi regolari per monitorare la guarigione. Dermatite: Nel trattamento della dermatite, le bende all'ossido di zinco possono essere lasciate in posizione per 1-3 giorni, a seconda della gravità dell'irritazione e della risposta della pelle. È importante monitorare la pelle per eventuali segni di irritazione aggiuntiva. Prevenzione delle infezioni: Quando utilizzate per prevenire infezioni in ferite aperte, le bende all'ossido di zinco devono essere cambiate più frequentemente, generalmente ogni 24-48 ore, per garantire che la ferita rimanga pulita e che l'ambiente sia favorevole alla guarigione. In conclusione, le bende all'ossido di zinco rappresentano una risorsa preziosa in vari ambiti medici, grazie alle loro proprietà lenitive, protettive e terapeutiche. La corretta applicazione e il monitoraggio sono essenziali per sfruttare al meglio i benefici di questo tipo di bendaggio e per garantire una guarigione efficace e sicura. Scopri il master online in emergenze sanitarie di Euroinnova, il corso si svolge interamente online! 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Cos'è la Terapia Intensiva Neonatale 

Cos'è la Terapia Intensiva Neonatale 

a Terapia Intensiva Neonatale (TIN) è un reparto ospedaliero specializzato dedicato alla cura dei neonati prematuri o gravemente malati. Questi bambini richiedono cure mediche specializzate e monitoraggio costante a causa della loro vulnerabilità e della loro salute delicata. La TIN è progettata per fornire un ambiente sicuro e altamente controllato per i neonati che necessitano di cure intensive e supporto medico avanzato. Funzioni della terapia intensiva neonatale La Terapia Intensiva Neonatale (TIN) è fondamentale per garantire la sopravvivenza e il benessere dei neonati prematuri o gravemente malati: Cure Specializzate: La TIN fornisce cure mediche altamente specializzate e monitoraggio costante ai neonati che necessitano di assistenza intensiva a causa della loro vulnerabilità e delle loro condizioni mediche complesse. Supporto Vitale: I neonati ricoverati in TIN possono avere problemi respiratori, cardiaci o altri problemi di salute che richiedono monitoraggio e supporto costanti per mantenere le loro funzioni vitali stabili. Prevenzione delle Complicazioni: La TIN offre un ambiente altamente controllato e protetto che aiuta a prevenire le complicazioni mediche e a gestire tempestivamente qualsiasi problema che possa insorgere durante il periodo critico dei primi giorni o settimane di vita del neonato. Sviluppo e Crescita: La TIN fornisce cure che aiutano a sostenere lo sviluppo e la crescita dei neonati prematuri, aiutandoli a superare le sfide associate alla nascita anticipata o alle condizioni mediche complesse. Coinvolgimento dei Genitori: La TIN incoraggia il coinvolgimento dei genitori nella cura dei loro neonati, aiutandoli a sentirsi coinvolti nel processo di guarigione e a creare un legame speciale con il loro bambino fin dai primi giorni di vita. Se ti interessa lavorare in questo settore, potrebbe interessarti il master in infermieristica e ostetricia di Euroinnova: il corso si tiene interamente online con docenti preparati e sempre pronti a darti supporto. Come funziona la TIN La TIN è dotata di apparecchiature mediche avanzate e di personale specializzato per monitorare costantemente le condizioni dei neonati e fornire loro le cure necessarie. Tra le apparecchiature comuni presenti nella TIN ci sono: i monitor cardiaci e respiratori i ventilatori polmonari le incubatrici termiche per mantenere la temperatura corporea dei neonati e le infusioni per fornire liquidi e farmaci. Il personale medico e infermieristico è altamente specializzato e addestrato per gestire le condizioni mediche critiche dei neonati. Questo team multidisciplinare comprende neonatologi, infermieri specializzati in terapia intensiva neonatale, fisioterapisti, terapisti del linguaggio e altri professionisti sanitari che collaborano per garantire la migliore cura possibile ai neonati ricoverati in TIN. Scopri la categoria infermieristica e i corsi e master online che mette a disposizione Euroinnova, leader nella formazione a distanza! Chi Lavora all'Interno della TIN Il personale che lavora all'interno della TIN comprende: Neonatologi: medici specializzati nella cura dei neonati, in particolare quelli prematuri o con condizioni mediche complesse. Infermieri di Terapia Intensiva Neonatale: infermieri specializzati nell'assistenza ai neonati in condizioni critiche, che forniscono cure dirette e monitoraggio continuo. Fisioterapisti e Terapisti del Linguaggio: professionisti che lavorano con i neonati per aiutarli a sviluppare le capacità motorie e linguistiche. Assistenti Sanitari: personale addetto alle attività di supporto e alla cura diretta dei neonati, sotto la supervisione del personale medico e infermieristico. Tempo di rimanenza nella terapia intensiva neonatale Il tempo di permanenza di un neonato nella TIN dipende dalle sue condizioni mediche e dal suo sviluppo. Alcuni neonati possono richiedere solo un breve periodo di osservazione e cure intensive prima di essere trasferiti in un reparto di pediatria generale, mentre altri possono rimanere in TIN per settimane o addirittura mesi a causa di complicazioni mediche o prematurità estrema. Durante il periodo di permanenza in TIN, i neonati vengono costantemente monitorati e valutati per garantire che ricevano le cure più appropriate e che le loro condizioni migliorino nel tempo. Il personale medico e infermieristico lavora in stretta collaborazione con i genitori per coinvolgerli nel processo di cura e garantire che siano informati e coinvolti nelle decisioni riguardanti la salute del loro bambino. Genitori in Terapia Intensiva Neonatale La presenza dei genitori è considerata fondamentale per il benessere emotivo e psicologico dei neonati ricoverati in TIN. I genitori sono incoraggiati a partecipare attivamente alla cura del loro bambino, a trascorrere tempo con lui, a partecipare alle procedure mediche quando possibile e a ricevere supporto emotivo e informazioni dal personale sanitario. Le TIN spesso offrono servizi per aiutare i genitori a sentirsi più a loro agio e sicuri nell'assistere al benessere del loro bambino. Ciò può includere servizi di consulenza psicologica, supporto sociale e gruppi di supporto per genitori che si trovano nella stessa situazione. La presenza e il coinvolgimento dei genitori possono contribuire in modo significativo al recupero e al benessere dei neonati ricoverati in TIN. Vuoi sapere cos'è la pet therapy e come funziona? Vuoi sapere in che modo è correlata alle cure mediche? Leggi il nostro articolo! Quando Serve il Reparto di Terapia Intensiva Neonatale La TIN è necessaria quando i neonati sono prematuri o nascono con condizioni mediche che richiedono cure mediche intensive e monitoraggio costante. Alcune delle situazioni in cui può essere necessario il ricovero in TIN includono: Prematurità estrema, quando i neonati sono nati prima della 28ª settimana di gravidanza Distress respiratorio, quando i neonati hanno difficoltà a respirare autonomamente Infezioni neonatali gravi che richiedono cure antibiotiche e monitoraggio continuo Problemi cardiaci congeniti o acquisiti che richiedono cure cardiologiche specializzate Complicazioni legate alla nascita, come asfissia o emorragie cerebrali In questi casi e in altri simili, la TIN fornisce l'ambiente e le risorse necessarie per garantire che i neonati ricevano le cure più appropriate e che abbiano la migliore possibilità possibile di guarigione e sviluppo sano. Offerta formativa che ti potrebbe interessare Se anche tu vuoi formarti come esperto in infermieristica, non dimenticare di iscriverti a Euroinnova Formazione! 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Che cos'è il Codice deontologico degli infermieri? 

Che cos'è il Codice deontologico degli infermieri? 

Che cos'è il Codice deontologico degli infermieri? Il codice deontologico degli infermieri definisce e stabilisce le regole di condotta che gli infermieri devono rispettare nell’esercizio della loro professione. Fondamentalmente il codice è un patto esplicito dei professionisti con la società, secondo il quale vanno seguiti dei principi etici che permettono all’infermiere di autoregolarsi. Il codice deontologico viene aggiornato, con l’aggiunta di nuovi principi da seguire nell’esercizio della professione infermieristica. L’ultima versione, quella del 2019 presenta un testo aggiornato dove alcuni concetti sono stati eliminati. Ad esempio, nella versione del 2009 si trovava un articolo secondo il quale l’infermiere doveva essere “sempre a disposizione” del paziente. I principi del codice deontologico degli infermieri Il codice deontologico degli infermieri si divide in vari capi a loro volta suddivisi in articoli. I primi articoli riguardano i principi e i valori professionali, secondo i quali l’infermiere iscritto all’Ordine delle professioni infermieristiche agisce in totale in autonomia. L’infermiere deve agire per il bene della persona, della famiglia e della collettività, agendo all’interno della pratica clinica, dell’educazione e della ricerca. Inoltre, l’infermiere si prende cura della persona assistita, rispettando i valori di uguaglianza, rispetto e libertà, così come delle scelte di vita del paziente. Secondo l’articolo 6 – libertà di coscienza, l’infermiere si deve impegnare ad assistere il paziente anche in caso questo abbia differenti concezioni etniche da quelle del professionista. La responsabilità dell'assistenza infermieristica Il secondo capo del codice deontologico riguarda la Responsabilità Assistenziale. Secondo l’articolo 7 – Cultura della salute, l’infermiere deve promuovere uno stile di vita sano e tutelare l’ambiente dove lavora, tramite interventi educativi e informativi per singoli individui, gruppi o comunità. L’articolo 8, 9 e 10 si basano sulla ricerca, la formazione e dell’educazione all’interno della professione infermieristica. Infermieri e altre professioni sanitarie Passando al capo 3, troviamo articoli che regolano i rapporti professionali dell’infermiere con le altre professioni sanitarie coinvolte nel percorso di cura di un paziente. L’infermiere deve agire sulla base del suo livello di competenza e se necessario avvalersi dell’aiuto di infermieri esperti o specialisti, senza prendere decisioni avventate. L’infermiere riconosce la sua responsabilità nel condividere informazioni sullo stato di salute di un paziente con i colleghi e con gli altri professionisti, sempre rimanendo nella sfera delle sue conoscenze e senza dare informazioni che non siano di propria pertinenza. L'empatia, chiave dell'assistenza infermieristica Il Capo 4 riguarda i rapporti con le persone assistite, con articoli che prevedono la valorizzazione della persona assistita. L’infermiere deve mostrare empatia nei confronti del paziente e supportarlo, tenendo conto del punto di vista e della sfera emotiva. Allo stesso modo, l’infermiere deve prevenire, rilevare e documentare il dolore dell’assistito durante il percorso di cura, applicando pratiche di gestione del dolore e dei sintomi correlati, sempre nel rispetto della volontà del paziente. L'importanza della comunicazione nell'assistenza infermieristica Anche la comunicazione è molto importante: l’infermiere deve mantenere la massima confidenzialità e riservatezza sulla relazione con la persona assistita, inoltre deve rispettare l’esplicita volontà del paziente di non essere informata sul proprio stato di salute, così come il segreto professionale che deve mantenere anche in caso di morte dell’assistito. L’infermiere deve mostrare sempre decoro e rispetto nella comunicazione, anche quando questa avviene tramite mezzi informatici e social media. L’infermiere deve sempre avere il giusto decoro, la correttezza e il rispetto per il proprio paziente, evitando di pubblicare immagini o materiale che possano ledere a terzi o alle istituzioni, così come all’immagine della professione stessa. Nel codice deontologico sono presenti altri articoli molto importanti che riguardano la libera professione e l’organizzazione sanitaria. Come diventare infermiere? Ogni infermiere deve conoscere e rispettare il codice deontologico, mentre chi vuole esercitare la professione deve affrontare un percorso di studi specifico. Il titolo di studio necessario per diventare infermiere è la laurea triennale in infermieristica o in infermieristica pediatrica, da conseguire presso la facoltà di Medicina e Chirurgia. Il possesso della laurea però non è sufficiente per esercitare la professione, infatti i neolaureati devono iscriversi all’albo degli infermieri, anche per partecipare ai corsi pubblici. I concorsi pubblici prevedono una prova scritta, una prova pratica e una orale, dove occorre mostrare le proprie competenze in diverse aree, come quella organizzativa gestionale, etico deontologica e di prevenzione. È possibile esercitare la professione di infermiere in una struttura ospedaliera, in una clinica privata o come liberi professionisti. Gli infermieri che esercitano la libera professione devono aprire una partita IVA e rispettare le regole del fisco per quanto riguarda i versamenti e le tasse. In ognuno di questi casi, il codice deontologico degli infermieri va sempre rispettato, in quanto si tratta di regole universali della professione che vanno oltre quelle interne della struttura nella quale si lavora. Offerta formativa che ti potrebbe interessare Se anche tu vuoi formarti come esperto in infermieristica, non dimenticare di iscriverti a Euroinnova Formazione! MASTER ASSISTENZA INFERMIERISTICA COMPLETA: Master in Assistenza Infermieristica Completa in Terapia Intensiva + Titolo Universitario ...

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In che cosa consistono le cure palliative? 

In che cosa consistono le cure palliative? 

Quando si parla di malattie gravi spesso vengono citate le cure palliative. Ma nello specifico cosa sono le cure palliative? La risposta ce la dà l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) che fornisce una ben precisa definizione di cure palliative definendole come un approccio in grado di migliorare la qualità di vita della persona malata e del nucleo familiare finalizzato alla prevenzione e al sollievo della sofferenza. Le cure palliative fanno uso di un’individuazione precoce e un appropriato trattamento del dolore e delle altre problematiche di natura fisica e psicologica che si trovano ad affrontare persone affette da malattie gravi e/o inguaribili. Che cosa sono le cure palliative? Le cure palliative comprendono rimedi medici specialistici, interventi terapeutici diagnostici e assistenziali rivolti alle persone che soffrono di una malattia grave, come il cancro, la demenza, l'insufficienza cardiaca, il morbo di Parkinson solo per citarne alcune. Solitamente i pazienti che ricevono cure palliative possono ricevere cure mediche specifiche per i loro sintomi, e/o cure palliative, insieme a trattamenti destinati a curare la malattia da cui sono affetti. Le cure palliative hanno l’obiettivo di migliorare le attuali terapie di una persona concentrandosi sulla qualità della sua vita ma anche di quella delle persone che gli stanno attorno. Le cure palliative possono aiutare il malato in qualsiasi fase della malattia: tuttavia è sempre meglio fornirle subito dopo la diagnosi per poter agire il prima possibile. Se ti interessa l’ambito delle cure palliative Euroinnova fornisce corsi specialistici in cure palliative che ti permetteranno di conoscere più da vicino questa realtà, formandoti e studiando le terapie, i trattamenti e tutti i tipi di supporto legato all’assistenza di persone affette da gravi malattie. Quanto si può vivere con le cure palliative? Quando un malato grave e/o la sua famiglia chiede “qual è l’aspettativa di vita usando le cure palliative?”, purtroppo la risposta non può essere precisa. Non è infatti possibile al giorno d’oggi prevedere la durata di vita di un malato affetto da una malattia grave neanche se intende o se riceve già cure palliative. La nota positiva è che se un malato affetto da una malattia grave chiede di essere sottoposto a cure palliative il tempo, la durata di vita che gli è stata predetta non influirà in nessun modo sulla idoneità del paziente nel ricevere un trattamento palliativo. Per poter beneficiare di cure palliative al paziente deve essere diagnosticata una malattia grave che limita la vita, ma è comunque in grado di perseguire un trattamento curativo. Se per esempio un paziente ha una forma grave di cancro può ricevere un trattamento di chemioterapia o di radioterapia per il cancro e quindi può fare utilizzo di cure palliative per gestire qualsiasi dolori, effetti collaterali e i sintomi causati dai trattamenti a cui è sottoposto. Quali sono i farmaci per le cure palliative? Quando si parla di cure palliative si parla essenzialmente di farmaci che vengono utilizzati per alleviare il dolore e di conseguenza migliorare la gestione dei sintomi collegati a una malattia grave. I farmaci utilizzati a tal proposito si suddividono in due categorie: Oppioidi Adiuvanti analgesici Gli oppioidi vengono erogati solo con prescrizione medica e bisogna sempre fare attenzione a non abusarne e a tenere in considerazione gli effetti collaterali. Tra questi farmaci possiamo citare la codeina, la morfina e il metadone, ma ne esistono davvero tanti. Per quanto riguarda gli analgesici, possiamo citare gli steroidi, i FANS e gli antidepressivi. Ad ogni modo, il medico e il team di esperti sapranno consigliare al paziente il farmaco o la combinazione di farmaci che meglio si adatta alle sue esigenze. Chi decide le cure palliative? Quando a una persona viene fatta una diagnosi di una malattia molto grave e/o incurabile il medico (di base o lo specialista, ma anche infermieri e figure specializzate in cure palliative) possono suggerire di prendere in considerazione un trattamento tramite cure palliative. In questo modo il paziente potrà gestire meglio l’intensità dei sintomi e riceverà anche un adeguato supporto e un’assistenza emotiva tale da permettergli di migliorare non solo la qualità della sua vita, ma anche di quella del suo nucleo famigliare e dei suoi cari. Si ricorda, inoltre, che le cure palliative possono essere fornite in vari luoghi: non solo in ospedale, ma anche in case di riposo/di cura, cliniche di cure palliative ambulatoriali e alcune in altri centri specializzati ma soprattutto comodamente a casa della persona malata. Qual è il momento in cui iniziare le cure palliative? Spesso c’è incertezza sul quando (e se) un paziente possa iniziare un percorso di cure palliative. In generale si tende a pensare che le cure palliative siano riservate solo ed esclusivamente alle persone che sanno già che moriranno di lì a poco. Tuttavia non è così. È difatti possibile ricevere cure palliative in qualsiasi momento della malattia di un paziente, anche se la diagnosi della malattia è stata effettuata da poco. Inoltre, è bene non dimenticare che non è automatico che il medio, l’infermiere o l’operatore sanitario specializzato consigli al paziente di sottoporsi a cure palliative: per questo motivo è bene che il paziente e/o la sua famiglia sia a conoscenza di poter sollevare senza problemi questa questione. Non c’è un momento giusto o migliore per iniziare un trattamento di cure palliative: prima è meglio è. Non è assolutamente necessario attendere che lo stadio della malattia del paziente diventi grave: già di per sé ricevere la diagnosi di una malattia grave è stressante e preoccupante, se richiedi il giusto supporto potrai vivere meglio, così il paziente potrà beneficiare al massimo delle cure e dei servizi associati. Offerta formativa che ti potrebbe interessare Se anche tu vuoi formarti come esperto in infermieristica, non dimenticare di iscriverti a Euroinnova Formazione! MASTER CURE PALLIATIVE E TERAPIA DEL DOLORE: Master I Livello in gestione delle cure palliative e della terapia del dolore ...

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Se hai studiato Infermieristica o Assistenza infermieristica, saprai che questa è una delle discipline sanitarie che subisce i cambiamenti più rapidi. L’assistenza al paziente cambia quotidianamente e, per questo motivo, i professionisti del settore devono rimanere aggiornati e specializzati. Ed ora è il tuo turno: fallo con i nostri articoli infermieristici! Se sei interessato alla gestione infermieristica, così come a qualsiasi delle specializzazioni che ne fanno parte, devi continuare a leggere. Andiamo! I trattamenti di riproduzione assistita sono tra i più comuni quando si parla di Infermieristica. Ecco perché volevamo parlarti di argomenti legati ai progressi nelle tecnologie della fertilità e ai trattamenti per la riproduzione e alle tecniche di assistenza nella concezione. Cosa troverai? Articoli che parlano dalle ultime ricerche in medicina riproduttiva fino ai casi di successo nei trattamenti per l'infertilità. Scopri come le novità in materia di riproduzione assistita possono offrire speranza e soluzioni nel percorso verso la maternità e la paternità! Inoltre, la ricerca infermieristica è un altro dei settori in maggiore crescita e questo si riflette nei numerosi cambiamenti che subisce la riproduzione assistita, tra gli altri. L' infermieria in ospedale è una delle specializzazioni più popolari tra coloro che si formano come infermieri. E lavorare in un ospedale è gratificante e soddisfacente! Se vuoi anche tu raggiungerlo, devi rimanere informato con queste novità nell'infermieria in ospedale. Ti forniremo informazioni chiave sugli avanzamenti nelle pratiche di cura, sulle tecnologie mediche e sulle tendenze nell'infermieristica ospedaliera. Dai nuovi approcci nella cura del paziente ai casi di successo nella gestione di condizioni mediche complesse. Infine, va notato che la modernizzazione e la tecnologizzazione di questa disciplina sanitaria è sempre più comune nei centri sanitari e negli ospedali del paese, davvero non ti interesserà tutto ciò che ci offre? Infermieristica e tecnologie sanitarie vanno di pari passo: ti unisci a questa coppia?

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