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Cosa mangiare per depurare il fegato grasso?

Cosa mangiare per depurare il fegato grasso?

La condizione del fegato grasso è una malattia piuttosto comune caratterizzata dall'accumulo di grasso in eccesso nel fegato. Alcune persone possono avere dei danni seri al fegato mentre le altre hanno sintomi lievi (come difficoltà a prendere sonno e disturbi gastrici) o inesistenti che non gli permettono una diagnosi della malattia. È però possibile curare questa malattia e anche prevenirla attraverso un’alimentazione specifica e alcuni cambiamenti nello stile di vita. Quando un fegato è considerato grasso? Ricorda che il fegato si considera “grasso” quando arriva ad avere tra il 5-10% del suo peso. Questo grasso però può sempre ridursi scegliendo di depurare il fegato. Quindi, oltre a cercare di praticare esercizio fisico (preferibilmente almeno tre volte alla settimana) o comunque a non avere una vita sedentaria, si consiglia di scegliere la dieta mediterranea. Questo tipo di dieta è infatti estremamente bilanciata perché prevede l’assunzione di grassi sani, sali minerali, vitamine, carboidrati buoni e sostanze antiossidanti. In ogni caso cerca di evitare periodi di digiuno prolungato, non saltare mai i tre pasti fondamentali e cerca di non cenare troppo tardi. Ecco i consigli di base per un fegato grasso Se hai il fegato grasso bevi molta acqua e prediligi i seguenti alimenti: Frutta Verdura Pesce Legumi Cereali integrali Per quanto riguarda i condimenti non eccedere con il sale e usa una giusta quantità di olio d’oliva. L’assunzione di grassi va bene ma devono essere grassi buoni: Omega-3 Frutta a guscio Olii di origine vegetale Avocado Cosa mangiare a colazione con il fegato grasso? Se hai il fegato grasso comincia a fare attenzione alla tua alimentazione partendo dalla colazione, il pasto più importante della giornata. Evita assolutamente i cibi ricchi di grassi. Scegli quindi: Cereali integrali Latte parzialmente cremato o scremato Yogurt magro Frutta, come ad esempio l’avocado Uova sode Pane integrale Spremuta di arancia Frullati con frutta Caffè Tè verde Ti interessa il mondo della nutrizione? Vorresti diventare un nutrizionista professionista? Se la risposta è sì allora consulta l’ampio catalogo formativo di Euroinnova: Euroinnova è una business school online che offre corsi e master in nutrizione e in scienze dell’alimentazione. Cosa non si deve mangiare con il fegato ingrossato? Se hai il fegato ingrossato devi assolutamente depurarti. Evita quindi: Zuccheri, quindi no merendine, torte, pasticcini e biscotti altamente zuccherati Succhi di frutta Troppo sale, non mangiare bacon o salumi grassi Cibo in scatola Cibi fritti Cibo piccante Pesce crudo Cibo spazzatura Molluschi Alcool in particolare i cocktail Cocktail anche se analcolici ma pieni di zuccheri Non spaventarti, ci sono numerose alternative di alimenti che puoi sostituire a questi sopra elencati o almeno evitare per un certo periodo. Non sovraccaricare il fegato e ricordati di dagli un po’ di tregua ogni tanto! Quali formaggi si possono mangiare con il fegato grasso? Si possono mangiare formaggi se si vuole depurare il fegato? La risposta è sì ma non tutti. Devi infatti prediligere formaggi a basso contenuto di grassi: Ricotta Mozzarella Formaggio feta (da mangiarlo con altri alimenti senza salarli) Fiocchi di latte (perfetti da aggiungere al riso per pranzo per esempio) Parmigiano Formaggio di capra Cheddar Si consiglia di non consumare formaggio blu o il brie perché sono altamente grassi. Ricordati comunque di non esagerare con il consumo di formaggi: un eccesso potrebbe aumentare il livello del colesterolo. Invece di mangiare il formaggio da solo, puoi per esempio associarlo ad altri alimenti come l’insalata, il riso o i pomodorini. Tante sono le ricette facili e originali che ti metteranno comunque l’appetito! Quale frutto fa bene al fegato? Consumare frutta fa molto bene al fegato grasso e comunque mangiare almeno 2 volte al giorno frutta fa parte di un’alimentazione corretta e bilanciata. Ma quale frutta scegliere? Tante sono le opzioni, si consiglia comunque di scegliere frutta di stagione. Agrumi: arance, limoni e pompelmi. La vitamina C insieme agli antiossidanti favoriscono l’eliminazione delle tossine Avocado: uno degli alimenti sempre presenti nelle diete. È ideale contro il fegato grasso e dà una sensazione di sazietà Banana: puoi pensare di mangiare una banana per merenda a metà mattina o nel pomeriggio Mela: di tutti i tipi! Uva: meglio se i cicchi mangiati crudi, no succo d’uva Mirtilli: che facilitano anche la diuresi Evita la frutta altamente zuccherata come: datteri, fichi secchi e prugne secche e comunque non mangiare la frutta sopraelencata accompagnandola da zucchero! Qual è la carne che fa bene al fegato? La carne, ricca di proteine, è un alimento fondamentale nella dieta di ogni persona e deve rientrare nella dieta di una persona affetta da una condizione di fegato grasso. Tuttavia, in presenza di fegato grasso: Evita la carne rossa (manzo, maiale, cavallo, vitello) Scegli carne bianca come: Pollo Tacchino Agnello Coniglio Questi tipi di carne non vanno consumati fritti o impanati: prediligere la cottura in forno o in padella con poco olio e poco sale. Ricordati sempre di includere la carne nella tua alimentazione! Offerta formativa che ti potrebbe interessare Se anche tu vuoi formarti come esperto di Nutrizione, non dimenticare di iscriverti a Euroinnova Formazione! MASTER IN NUTRIZIONE MASTER FITOTERAPIA: Master in Fitoterapia ...

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Quanti sono i metodi in pedagogia?

Quanti sono i metodi in pedagogia?

Quali sono i metodi in pedagogia  Quando si parla di pedagogia è importante distinguere i diversi metodi didattici utilizzati per la formazione dei bambini. I metodi in pedagogia si differenziano in base alle strategie e alle tecniche di insegnamento, ma sono tutti votati a rendere il processo di apprendimento facile e intuitivo per l’essere umano in diverse fasce di età.  Montessori, uno dei metodi più popolari L’approccio educativo più conosciuto al mondo è il Montessori, elaborato tra il XIX e il XX secolo da Maria Montessori. Questo metodo è adottato da più di 20.000 scuole e utilizzato dalle scuole primarie alle secondarie. Il metodo si basa su classi di età mista per favorire la socializzazione e la collaborazione tra gli allievi. Secondo il metodo Montessori, ogni bambino dev’essere libero di apprendere e di esprimersi senza la guida di un adulto.    In questo modo, ogni bambino può cominciare la scoperta di se stesso, in modo naturale e senza l’influenza dei genitori o degli educatori che intervengono solo quando notano comportamenti potenzialmente pericolosi per il piccolo. Inoltre, nelle scuole che usano il metodo Montessori, non si valutano gli allievi con i voti numerici, bensì si spinge all’autovalutazione e autocorrezione.   Il Metodo Steiner, un altro dei metodi più diffusi Il secondo metodo più usato è lo Steiner che non prevede regole ferree per l’apprendimento, bensì prova a stimolare i bambini in modo da sviluppare la creatività e l’espressività. Il metodo Steiner, come il Montessori, prevede attività di gruppo e socializzazione, al fine di introdurre i concetti di comunità e di rispetto reciproco.   Secondo il metodo Steiner, lo sviluppo dell’individuo va dagli 0 ai 21 anni, con diverse attività per fascia di età. Ad esempio, dai 0 ai 7 anni si prediligono attività di tipo fisico, mentre dai 7 ai 14 anni si cominciano ad introdurre le materie di studi che vengono approfondite fino ai 21 anni, età nella quale l’individuo è pronto a seguire il suo cammino nella vita. Metodo Aggazi, l'ultimo dei metodi più diffusi    Il terzo metodo è quello delle sorelle Agazzi, con strategie didattiche carattere artistico\pratico in quanto si basa sull’educazione estetica, sensoriale e al canto, unite ad attività pratiche come il giardinaggio, igiene personale e altro. Il percorso educativo delle sorelle Agazzi prevede anche l’educazione al sentimento, per eliminare l’aggressività nei bambini tramite l’educazione fisica e l’istruzione intellettuale.    Di cosa si occupa il pedagogista? Non è detto che un metodo sia più efficace di un altro, quindi sta al pedagogista valutare quale sia il migliore per un determinato contesto.   La pedagogia d’altronde mira proprio a sviluppare il potenziale umano dal punto di vista cognitivo e creativo, sia nei bambini, sia negli adulti. Il termine pedagogia deriva dal greco “pais” (bambino) e “agon” (guidare), ed in effetti il pedagogo era proprio lo schiavo che nell’antica Grecia si occupava dell’educazione dei fanciulli di 7 anni.   Sebbene sia spesso associata all’educazione dei bambini, la pedagogia in realtà si può applicare anche ad altre fasce di età e contesti, ad esempio il pedagogista può intervenire per facilitare la comunicazione tra genitori e insegnanti. Allo stesso modo, il pedagogista può operare in un contesto giudiziario, ambientale, sportivo, motorio e culturale.   Il pedagogista deve avere una mente elastica, per affrontare sempre situazioni diverse e acquisire conoscenze nuove, tenendosi sempre aggiornato sui processi educativi. Il pedagogista può lavorare come dipendente presso scuole, enti locali, università, aziende e imprese, oppure come libero professionista in studi pubblici o privati.  Come diventare pedagogista? Per esercitare la professione di pedagogista è necessario conseguire una laurea magistrale in Scienze dell’educazione e della formazione. La sola laurea triennale abilita al lavoro come educatore professionale. Tra le discipline oggetto di studio ci sono storia della pedagogia, pedagogia generale e sociale, storia della filosofia e psicologia generale. È possibile ottenere la laurea triennale e la magistrale sia frequentando università tradizionali, sia quelle telematiche. Dopo la laurea, il pedagogista può seguire diverse specializzazioni per diventare pedagogista clinico, infantile o giuridico. Per specializzarsi è possibile seguire un Master Euroinnova.   Pedagogia e nativi digitali  Una delle nuove sfide per pedagogisti, genitori e insegnanti consiste nell’educare i più piccoli all’uso dei dispositivi portatili e al PC. Bisogna pensare che la generazione dei nativi digitali, entra immediatamente a contatto con la tecnologia che da una parte si rivela utile per l’apprendimento, dall’altra invece può portare i bambini ad alienarsi ed evitare la socializzazione.  Alcuni genitori vietano l’uso dei dispositivi ai loro bambini, proprio per paura che la tecnologia possa influire negativamente sulla loro crescita. Questo estremismo però può risultare controproducente, infatti recenti studi pedagogici hanno mostrato che dispositivi come tablet e smartphone favoriscono l’apprendimento dei bambini, in quanto l’interazione con lo schermo diventa uno stimolo cognitivo.   Gli esperti ritengono che non sia l’utilizzo stesso il problema, quanto più la tipologia dei contenuti visualizzati. Per questo ci vuole un controllo ferreo da parte dei genitori, per impedire ai bambini di vedere contenuti potenzialmente dannosi. Allo stesso modo, bisogna monitorare le abitudini dei bambini e degli adolescenti, in modo da vedere se hanno sviluppato una dipendenza dai device.   ...

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Cosa vuol dire lavorare nella logistica? 

Cosa vuol dire lavorare nella logistica? 

Cosa vuol dire lavorare nella logistica?  Lavorare nella logistica, vuol dire occuparsi dell’organizzazione e della gestione del flusso di informazioni e materiali che entrano ed escono da un’azienda. Il flusso viene definito con il termine inglese di Supply Chain (catena di fornitura).   Che cos'è la logistica? Il settore della logistica quindi è una branca dell’economia, tra l’altro di primaria importanza sia per le aziende, sia per il benessere e il commercio di un paese stesso. Fondamentalmente, la logistica consente di migliorare la qualità dei trasporti delle merci dal produttore al consumatore, così come gestire le spedizioni e lo stoccaggio delle merci.   Il tutto è finalizzato ad una riduzione dei costi e all’ottimizzazione delle risorse. In Italia il settore della logistica è sempre alla ricerca di nuove figure professionali, specialmente nelle ditte che si occupano di import-export.   Come si lavora in logistica?  In Italia non esiste una vera e propria laurea che specializzi le persone per il lavoro nel settore della logistica. Certo è possibile specializzarsi con dei Master, o con dei corsi particolari, ma spesso le competenze per svolgere operazioni logistiche si apprendono anche con l’esperienza.   Ovviamente, ci sono delle lauree che permettono di trovare lavoro nelle grandi aziende, come ad esempio la laurea in economia, oppure quella in ingegneria gestionale.   Competenze per lavorare nella logistica Lauree a parte, per lavorare nella logistica è necessario avere determinate competenze. Le capacità organizzative, come si può facilmente immaginare, sono indispensabili per la gestione di un magazzino o delle spedizioni. Allo stesso modo, bisogna avere un buon controllo della situazione e sapere come risolvere i problemi velocemente. Nel mondo della logistica, ovviamente, non fila sempre tutto liscio, quindi spesso i responsabili di un magazzino devono prendere decisioni efficaci.   Conoscenza dei processi produttivi La conoscenza dei processi produttivi, permette ovviamente di risolvere più facilmente i problemi, così come di gestire le attività produttive e di spedizione. Dato che la logistica è un settore decisamente complesso, bisogna anche avere una buona conoscenza delle dinamiche aziendali, in modo da capire le esigenze di ogni azienda e intervenire di conseguenza.  Competenze linguistiche Infine, non fa male conoscere l’inglese, infatti sebbene non sia proprio legata alla logistica, anche una laurea in lingue viene richiesta, specialmente dalle aziende che fanno import-export con l’estero. L’inglese è la base, ma conoscere altre lingue è ovviamente un vantaggio.   Competenze informatiche Allo stesso modo, per lavorare nella logistica è necessario saper usare i sistemi informatici di base, come ad esempio il sistema operativo Windows nella sua ultima versione, il pacchetto Office e altro ancora. Alcune aziende usano un loro software, per il quale spesso i nuovi assunti ricevono un periodo di training per poterlo apprendere a pieno.  Lavoro di squadra Infine, il settore della logistica richiede il lavoro di squadra. Non è infatti un mestiere per “lupi solitari”, in quanto l’addetto alla logistica deve lavorare in team, per collaborare e comunicare con i diversi reparti aziendali (ad esempio, gli uffici e il magazzino), in modo da poter garantire i risultati migliori per le spedizioni e lo stoccaggio.   Quali sono le figure professionali della logistica?  La logistica in Italia occupa una buona parte del PIL (Prodotto Interno Lordo) e negli ultimi anni il settore è in crescita, grazie all’e-commerce che ha ovviamente dato una spinta al settore della logistica. Nonostante questo, nel settore sembra ci sia una crisi, in quanto ci sono delle figure professionali introvabili.   Uno dei lavori più richiesti nella logistica è indubbiamente quello dell’autista. Si tratta di un lavoro molto duro, in quanto occorre passare gran parte della propria vita lavorativa in strada.   La figura professionale dello spedizioniere deve essere in grado di monitorare il flusso di merci, per migliorare la qualità e l’efficienza del trasporto. A questa figura si unisce quella del Supply Chain Manager o di Logistic Manager, nata negli ultimi anni e che si occupa di gestire il flusso della catena di fornitura. Tra le altre professioni nel campo della logistica, troviamo anche il Data Analyst e il responsabile di magazzino, fondamentali per l’efficienza delle spedizioni di una ditta.   Perché spesso è difficile per un’azienda trovare queste figure? Va detto che spesso il lavoro nella logistica è piuttosto duro, specialmente per chi lavora in magazzino. La fatica fisica, il carico di responsabilità, i turni di notte e spesso datori di lavoro poco comprensivi, possono scoraggiare specialmente i più giovani che magari preferiscono cercare impieghi diversi.   Un altro problema è che la logistica è un campo dove tutto si muove velocemente, quindi molte aziende non hanno il tempo materiale per formare nuovi dipendenti. Questo porta a cercare sempre persone con esperienza, il che però è una sorta di contraddizione, dato che un maggiorenne difficilmente avrà lavorato in un magazzino.   C’è anche la questione dei contratti a termine, sfruttati spesso dalle aziende per assumere magazzinieri per un breve periodo di tempo, per poi mandarli a casa e sostituirli con altri al momento del bisogno. Questo accade soprattutto durante i picchi stagionali, dove lo stoccaggio delle merci richiede una forza lavoro maggiore.   In conclusione, la logistica è sicuramente un settore in crescita, dove ci sono molte opportunità di lavoro, ma bisogna comunque considerare i pro e i contro, cercando di puntare ad aziende con una buona reputazione.  ...

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Chi è l’assistente sociale e di cosa si occupa? 

Chi è l’assistente sociale e di cosa si occupa? 

Chi è l’assistente sociale e di cosa si occupa?  In ogni paese ci sono cittadini meno fortunati di altri che si trovano a vivere in condizioni meno agiate, oppure per una serie di episodi o traumi, finiscono per prendere strade sbagliate e a dover affrontare diversi problemi. La nostra società moderna, tende spesso a ignorare i problemi che l’affliggono, mostrandosi spesso poco comprensiva verso le persone che in qualche modo non ce l’hanno fatta a trovare un equilibrio nella vita.   Una delle figure più importanti per aiutare questi individui è l’assistente sociale. Ma chi è l’assistente sociale e di cosa si occupa? Ve ne parliamo qui di seguito! Che cos'è un assistente sociale? Fondamentalmente, come si evince dal nome della professione, l’assistente sociale è una figura che si impegna a migliorare la vita delle persone a livello individuale e familiare. L’assistente sociale, aiuta le persone in difficoltà, valutando la situazione e cercando di intervenire in modo efficace per aiutarla.   Gli assistenti sociali possono lavorare anche in delle comunità, come ad esempio quelle di recupero per gli alcolisti o per le persone che fanno uso di droghe. Allo stesso modo, l’assistente sociale può lavorare in proprio, esercitando la libera professione.  Assistente sociale tra la professione e il volontariato  In Italia, l’assistente sociale è una figura spesso sottovalutata, in quanto spesso i lavori socialmente utili sono decisamente sottopagati e spesso sfociano addirittura nel volontariato. La verità però è che in Italia ci sono molte persone che hanno bisogno di assistenza sociale, non solo per loro stesse, ma anche per i loro figli.  Prendiamo come esempio le case famiglia per minori, dove vengono accolti bambini e ragazzi dai 6 ai 17 anni, i quali genitori per un motivo o per l’altro sono stati ritenuti incapaci di fornire loro condizioni di vita adeguate. In queste case famiglie operano volontari, assistenti sociali e gli educatori. Gli assistenti sociali si occupano di valutare i problemi e i bisogni del gruppo, in modo di poter trovare delle soluzioni.   Chi sono i volontari del Servizio Sociale? I volontari invece, si possono occupare di varie mansioni, come ad esempio fare la spesa per la famiglia o altre attività pratiche che non richiedono una competenza specifica in ambito sociale. Spesso i volontari sono giovani studenti di scienze sociali o scienze della formazione che aspirano a diventare loro stessi assistenti sociali o educatori.   Gli educatori si occupano invece di far studiare i minori e di far svolgere loro attività ludiche, sportive o culturali. Il mestiere dell’educatore viene spesso confuso con quello dell’assistente sociale, sebbene le differenze siano molto marcate.  Chi sono gli educatori del lavoro sociale? L’educatore infatti è una figura che lavora per delle cooperative che si occupano di fornire un’educazione e un sostegno alle famiglie in difficoltà che non riescono a gestire l’educazione dei figli. Allo stesso modo, un educatore o un insegnante di sostegno, possono seguire minori con disturbi neurologici, come ad esempio l’autismo.   Funzioni dell'assistente sociale L’assistente sociale invece, si occupa non solo di minori, ma anche di persone adulte con problemi mentali o dipendenze che per forza di cose devono gestire più aspetti della loro vita. Ad esempio, un assistente sociale può collaborare con enti locali e lavorare con un individuo o un gruppo di individui, per renderli consapevoli di come possono migliorare la loro vita e la loro comunità. Allo stesso modo, può sensibilizzarli su un uso corretto degli alimenti o del denaro che ricevono o guadagnano, specialmente quando si tratta di persone con una forte dipendenza da alcolici e droghe.   La prevenzione infatti è molto importante nel lavoro di un assistente sociale, così come la capacità di progettare interventi. Gli assistenti sociali si possono occupare anche di migliorare la vita di persone anziane sole, cercando di pianificare un servizio di assistenza che permetta loro di vivere in condizioni dignitose.   Inoltre, l’assistente sociale è una figura importante anche per l’immigrazione, specialmente nelle grandi città. Il professionista si può occupare dell’inserimento di persone e facilitare il loro adattamento alle regole e alle abitudini del paese dove sono arrivati, cercando di creare un senso di comunità ed evitare la ghettizzazione.    Come si diventa assistente sociale?  La professione di assistente sociale non è facile, in quanto bisogna sapere come gestire diverse situazioni e ovviamente interagire con persone che hanno subito traumi, soffrono di disturbi, hanno dipendenze patologiche o un passato turbolento.   Per questo, è possibile diventare assistente sociale solo con una Laurea Triennale in Servizio Sociale che prevede un tirocinio formativo. In seguito occorre superare un esame di stato per potersi iscrivere all’albo ed entrare nell’ordine degli assistenti sociali.   È possibile anche diventare assistenti sociali specialisti, con una Laurea Magistrale in Servizio sociale e politiche sociali. L’assistente sociale specialista, organizza e coordinatore i servizi sociali e ha compiti dirigenziali. Allo stesso modo, si possono ottenere ulteriori specializzazioni con un Master Euroinnova o con un corso di perfezionamento. ...

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Come fare tecniche di respirazione? 

Come fare tecniche di respirazione? 

Gli esercizi di respirazione sono molto utili, sia per concentrarsi, sia per calmare la mente e affrontare situazioni di forte stress o ansia. Anche la meditazione prevede una serie di tecniche che possono essere adoperate nella vita di tutti i giorni, specialmente nei periodi della vita più difficili, dove magari occorre prendere delle decisioni importanti. Le tecniche di respirazione più diffuse Narici alternate Una delle tecniche più conosciute è quella a narici alternate. Questa particolare tecnica consiste nell’effettuare inspirazioni ed espirazioni da una narice e poi dall’altra. Per eseguirla, occorre mettersi in posizione seduta e chiudere gli occhi. In seguito, bisogna chiudere la narice destra tappandola con il pollice e inspirare fino al proprio limite. Alla massima inspirazione, si deve mettere il pollice sulla narice sinistra e toglierlo dalla destra, respirando. Adesso occorre ripetere l’esercizio dalla narice destra. Questo tipo di respirazione è molto conosciuta, in quanto una delle migliori per calmare ansia e stress. Allo stesso modo, la respirazione a narici alternate può dare una buona dose di energia. Respirazione diaframmatica Un’altra tecnica molto utilizzata è la respirazione diaframmatica o addominale. Questa tecnica è più complessa, specialmente per chi non ha mai fatto sport o attività fisica in generale. La respirazione addominale infatti, viene spesso usata in diverse discipline (come ad esempio le arti marziali), sia per concentrarsi, sia per allungare i muscoli durante gli esercizi di stretching. Fondamentalmente, la tecnica consiste nell’inspirare dal naso, gonfiando il diaframma. Quindi, l’aria non deve andare verso il petto, bensì alla pancia. Per eseguire al meglio questa tecnica di respirazione, si deve fare un po’ di pratica per concentrarsi e indirizzare l’aria verso il diaframma. Per verificare la corretta esecuzione, si può mettere una mano sul petto e controllare che l’aria non stia riempiendo i polmoni. La tecnica permette di eseguire una respirazione profonda che se eseguita più di una volta al giorno può aiutare a calmarsi. Non c’è un limite di volte in cui si può usarla, infatti ognuno può applicarla quando ne sente il bisogno. Respirazione quadrata Tra le tecniche di respirazione, troviamo anche quella chiamata “quadrata”. Questa si basa su respiri uguali, quindi è necessario concentrarsi per fare in modo che la durata dell’inspirazione sia uguale a quella dell’espirazione. Per eseguire questo tipo di respirazione, bisogna inspirare dal naso per almeno 4 secondi e trattenere il respiro per altri 4. In seguito, espirare dal naso per 4 secondi, svuotando completamente i polmoni. Questa tecnica può aiutare a dormire meglio, in quanto aiuta la mente a rilassarsi e disconnettersi dai pensieri. I vantaggi delle tecniche di respirazione Nella vita di tutti i giorni spesso non si ha il tempo di fermarsi e rilassarsi. E a volte, anche quando proviamo a rilassarci, la mente viene assalita da migliaia di pensieri. Ovviamente, ci sono periodi più stressanti di altri e persone che soffrono maggiormente di ansia. Per questo ci sono figure esperte specializzate con master in psicologia clinica capaci di dare ottimi consigli e aiutare le persone a rilassarsi nelle fasi più concitate della vita. I benefici della respirazione sono molteplici. Prima di tutto, la respirazione aiuta a ridurre lo stress anche nelle situazioni più difficili. Ad esempio, dopo (o durante) una giornata dura di lavoro, eseguire una tecnica di respirazione adeguata permette di ritrovare la calma. Oltre a contrastare lo stress, le tecniche di respirazione favoriscono anche la concentrazione. Ad esempio, gli atleti spesso le eseguono per concentrarsi prima di una gara, sia negli sport individuali, sia in quelli di squadra. Questo perché respirando, si fornisce una quantità maggiore di ossigeno al cervello, di conseguenza le capacità cognitive migliorano. Benefici fisici delle tecniche di respirazione A livello fisico, le tecniche di respirazione consentono di migliorare la funzione polmonare, aumentando la capacità e influendo positivamente sulla salute. Gli esercizi di respirazione profonda consentono di espandere il diaframma e di utilizzare i polmoni al massimo. Questi esercizi vengono spesso adottati anche dai cantanti come riscaldamento o per allenare il diaframma. Come detto in precedenza, tecniche di respirazione come quella “quadrata” possono aiutare a dormire le persone che soffrono di disturbi del sonno o di insonnia. Questo perché la respirazione permette a corpo e mente di rilassarsi e trovare il giusto equilibrio. Molte persone infatti, adottano tecniche di respirazione prima di andare a dormire, unendole allo stretching. Dato che le tecniche di respirazione sono abbastanza semplici da eseguire, tutti possono adottarle e beneficiarne. Si possono inoltre, unire ad altre attività rilassanti, come l’ascolto della propria musica preferita, la pratica dello Yoga o l’aromaterapia. Offerta formativa che ti potrebbe interessare Se anche tu vuoi formarti come esperto di Psicologia e Salute, non dimenticare di iscriverti a Euroinnova Formazione! MASTER PROGRAMMAZIONE NEUROLINGUISTICA: Master in Programmazione Neurolinguistica (+60 CFU) MASTER IN PSICOLOGIA DEL LAVORO: Master in Psicologia del Lavoro ...

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Fattori coinvolti nello sviluppo cognitivo dei bambini

Fattori coinvolti nello sviluppo cognitivo dei bambini

Lo sviluppo cognitivo del bambino è un processo complesso che coinvolge la maturazione del cervello, l'interazione con l'ambiente e l'esperienza. Attraverso l'esplorazione, il gioco e l'interazione con gli adulti e i coetanei, il bambino sviluppa abilità cognitive fondamentali come l'attenzione, la memoria, il linguaggio e la risoluzione dei problemi. Se ti interessa l’ambito e se cerchi una formazione nel settore, Euroinnova, leader nella formazione online, ti consiglia il suo Master Online in Pedagogia Terapeutica dove studierai, tra le varie, quali sono le metodologie didattiche inclusive. Dai un’occhiata all’offerta formativa! Cos’è e come funziona lo sviluppo cognitivo del bambino? Lo sviluppo cognitivo del bambino è il processo mediante il quale acquisisce conoscenze e capacità cognitive che gli consentono di comprendere il mondo circostante. Questo processo coinvolge una serie di cambiamenti nei processi mentali e nelle abilità cognitive che si verificano attraverso interazioni con l'ambiente e l'esperienza. Una componente cruciale nello sviluppo cognitivo è la maturazione del cervello, che avviene in modo progressivo e influisce sulla capacità del bambino di elaborare informazioni, risolvere problemi e apprendere nuove abilità. Il funzionamento dello sviluppo cognitivo è ampiamente influenzato da fattori biologici, ambientali e sociali. Ad esempio, l'interazione con gli adulti e i coetanei, così come l'esposizione a stimoli sensoriali diversificati, come la lettura di libri, il gioco e l'esplorazione del mondo circostante, contribuiscono alla formazione delle connessioni neurali e al potenziamento delle capacità cognitive. Inoltre, le esperienze personali e l'educazione ricevuta giocano un ruolo significativo nello sviluppo delle abilità cognitive. Questo processo è dinamico e continua lungo tutto l'arco della vita, ma le prime fasi della vita, in particolare durante l'infanzia e l'adolescenza, sono cruciali per stabilire le basi del pensiero critico, della risoluzione dei problemi e dell'apprendimento continuo. Quali sono le fasi dello sviluppo cognitivo? Lo sviluppo cognitivo si articola in diverse fasi, ognuna delle quali caratterizzata da specifici cambiamenti nelle capacità cognitive e nel modo in cui il bambino comprende il mondo circostante. Le fasi principali dello sviluppo cognitivo, secondo la teoria di Jean Piaget, includono: Fase sensoriomotoria (dalla nascita a circa 2 anni): Durante questa fase, i bambini esplorano il mondo attraverso i sensi e l'azione. Sviluppano la consapevolezza di sé e iniziano a comprendere la relazione tra azioni e risultati. L'acquisizione delle capacità motorie è centrale in questa fase. Fase preoperazionale (circa 2-7 anni): Durante questa fase, i bambini sviluppano l'abilità di usare il linguaggio e di rappresentare concetti mentali attraverso simboli, come parole e immagini. Tuttavia, il loro pensiero è ancora egocentrico e caratterizzato da una comprensione limitata delle operazioni logiche. Fase operativa concreta (circa 7-11 anni): In questa fase, i bambini iniziano a sviluppare la capacità di pensare logicamente su eventi concreti e oggetti nel loro ambiente. Sono in grado di eseguire operazioni mentali su oggetti tangibili, ma possono ancora avere difficoltà a comprendere concetti astratti. Fase operativa formale (dai 12 anni in poi): Durante questa fase, i giovani acquisiscono la capacità di pensare in modo astratto e ipotetico. Sono in grado di ragionare su concetti complessi, fare deduzioni logiche e pensare criticamente su questioni astratte e filosofiche. Questa fase segna l'ingresso nell'età adulta e la maturazione delle capacità cognitive superiori. Ogni fase dello sviluppo cognitivo è caratterizzata da un insieme unico di cambiamenti nelle capacità mentali e nell'approccio alla comprensione del mondo. Ruolo degli insegnanti nello sviluppo cognitivo del bambino Gli insegnanti giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo cognitivo del bambino, poiché trascorrono gran parte del tempo con loro durante il periodo scolastico. Ecco alcuni aspetti del loro ruolo: Fornire istruzione di qualità: Gli insegnanti sono responsabili di progettare e fornire lezioni che siano stimolanti, coinvolgenti e adatte al livello di sviluppo dei loro studenti. Devono utilizzare metodologie didattiche efficaci per favorire l'apprendimento cognitivo. Supportare l'apprendimento individuale: Gli insegnanti devono essere in grado di individuare le esigenze di ogni studente e adattare il loro insegnamento di conseguenza. Ciò include fornire supporto aggiuntivo ai bambini che lottano con determinati concetti o offrire sfide aggiuntive per coloro che avanzano rapidamente. Promuovere l'interazione sociale: Gli insegnanti incoraggiano la collaborazione e l'interazione tra gli studenti che favoriscono lo sviluppo cognitivo attraverso la discussione, la condivisione di idee e la risoluzione di problemi insieme. Fornire feedback efficace: Gli insegnanti forniscono feedback regolari e costruttivi sugli sforzi degli studenti, identificando i loro punti di forza e le aree in cui possono migliorare. Questo aiuta gli studenti a sviluppare la consapevolezza di sé e a regolare il loro apprendimento. Cura e sostegno emotivo: Gli insegnanti non solo insegnano materie accademiche, ma svolgono anche un ruolo nel supportare il benessere emotivo degli studenti. Fornire un ambiente di classe sicuro, accogliente e rispettoso aiuta gli studenti a sentirsi a loro agio nel partecipare attivamente all'apprendimento. Ruolo dei genitori: come stimolare lo sviluppo cognitivo del bambino Il ruolo dei genitori nello stimolare lo sviluppo cognitivo del bambino è fondamentale e si estende in diverse aree. Ecco alcuni aspetti chiave: Ambiente stimolante: I genitori possono creare un ambiente ricco di stimoli, fornendo giocattoli, libri e attività che incoraggino l'esplorazione, la creatività e il pensiero critico. Interazioni di qualità: Le interazioni quotidiane tra genitori e bambini, come parlare, leggere e giocare insieme, favoriscono lo sviluppo del linguaggio, delle abilità sociali e delle capacità cognitive. Modello di ruoli: I genitori fungono da modelli per il comportamento e le abilità cognitive. Dimostrando comportamenti positivi e risoluzione dei problemi, i genitori possono influenzare positivamente lo sviluppo cognitivo dei loro figli. Sostegno emotivo: L'ambiente emotivo in cui cresce il bambino ha un impatto significativo sul suo sviluppo cognitivo. Il sostegno emotivo e l'affetto dei genitori aiutano il bambino a sentirsi sicuro ed esplorare il mondo con fiducia. Fornire opportunità di apprendimento strutturato: I genitori possono organizzare attività educative strutturate, come visite a musei, partecipazione a eventi culturali, o costruzione di progetti creativi, per incoraggiare l'apprendimento attivo e l'esplorazione. In sintesi, il coinvolgimento attivo e amorevole dei genitori nel quotidiano, insieme a un ambiente stimolante e di supporto, svolge un ruolo cruciale nello sviluppo cognitivo dei bambini. Offerta formativa che ti potrebbe interessare Vuoi formarti con Euroinnova Formazione per diventare un esperto di pedagogie? Dai un'occhiata qui! MASTER AUTISMO: Master I Livello In Autismo: Dalla Diagnosi All´Intervento Psicoeducativo LAUREA MAGISTRALE IN PEDAGOGIA E SCIENZE UMANE ...

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Educazione sessuale e affettiva

Educazione sessuale e affettiva

L'educazione sessuale e affettiva è un'importante componente dell'istruzione che mira a fornire agli individui conoscenze, abilità e risorse necessarie per comprendere e affrontare in modo sano e consapevole le questioni legate alla sessualità, alle relazioni interpersonali e alla salute sessuale e riproduttiva. Questo tipo di educazione comprende una vasta gamma di argomenti, tra cui anatomia e fisiologia sessuali, salute sessuale e riproduttiva, relazioni interpersonali, comunicazione, rispetto di sé e degli altri, prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili (MST) e pianificazione familiare. Se vuoi imparare come applicare l’insegnamento dell’educazione sessuale a scuola potresti voler dare un’occhiata all’offerta formativa del master per pedagogisti di Euroinnova, master che si tiene interamente online. Iscriviti subito e dai inizio alla tua formazione professionale a distanza! Perché è importante l'educazione sessuale e affettiva a scuola? L'educazione sessuale e affettiva svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo e nel benessere degli individui in diversi modi: Promuove la salute sessuale e riproduttiva: Fornisce informazioni accurate e aggiornate sulla salute sessuale e riproduttiva, compresi temi come la contraccezione, la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili e l'igiene sessuale, aiutando così gli individui a prendere decisioni informate per la propria salute. Previene comportamenti a rischio: L'educazione sessuale aiuta a ridurre il rischio di comportamenti sessuali a rischio, come l'attività sessuale non protetta, le gravidanze indesiderate e le MST, fornendo conoscenze e competenze per adottare comportamenti sessuali sicuri e consensuali. Promuove il rispetto e l'uguaglianza: Insegna ai giovani il rispetto di sé e degli altri, promuovendo l'uguaglianza di genere, il consenso, il rispetto delle differenze e la prevenzione della violenza sessuale e del cyberbullismo. Favorisce relazioni interpersonali sane: L'educazione sessuale e affettiva fornisce strumenti per comunicare in modo efficace, negoziare relazioni sane e consensuali, gestire conflitti e prendere decisioni responsabili all'interno delle relazioni interpersonali. Contrasta i falsi miti e l'ignoranza: Combatte l'ignoranza e i falsi miti sulla sessualità che possono portare a comportamenti sessuali rischiosi, discriminazione, stigma e pregiudizi nei confronti della sessualità e delle persone LGBTQ+. Favorisce l'autostima e la consapevolezza del corpo: L'educazione sessuale promuove una sana consapevolezza del corpo, dell'autostima e dell'accettazione di sé, aiutando gli individui a sviluppare una visione positiva della propria sessualità e del proprio corpo. I falsi miti di educare alla sessualità Nell'affrontare l'educazione sessuale, spesso si incontrano falsi miti e resistenze che ostacolano l'efficacia di questo tipo di istruzione. Alcuni di questi falsi miti includono: Promozione della promiscuità: Alcuni ritengono che l'educazione sessuale possa incoraggiare comportamenti sessuali precoci o promiscui tra i giovani. Tuttavia, la ricerca ha dimostrato che un'educazione sessuale completa e basata sulla scienza può effettivamente ridurre i comportamenti sessuali a rischio. Valori morali e religiosi: Alcuni ritengono che l'educazione sessuale a scuola possa entrare in conflitto con i valori morali e religiosi delle famiglie. Tuttavia, è possibile fornire un'educazione sessuale rispettosa dei valori culturali e religiosi, basata su fatti scientifici e informazioni accurate. Genitori e responsabilità: Alcuni genitori ritengono che l'educazione sessuale sia di loro esclusiva responsabilità e che la scuola non debba interferire in questo ambito. Tuttavia, l'educazione sessuale a scuola complementa l'educazione fornita dai genitori, fornendo informazioni aggiornate e obiettive su temi sensibili. Età appropriata: Alcuni credono che l'educazione sessuale debba essere ritardata fino a un'età più avanzata, per proteggere l'innocenza dei giovani. Tuttavia, gli esperti concordano sul fatto che l'educazione sessuale debba essere fornita in modo appropriato all'età e allo sviluppo dei giovani, iniziando da una età precoce con informazioni di base e progressivamente approfondite man mano che crescono. Impatti negativi: Alcuni temono che l'educazione sessuale possa avere impatti negativi sulla salute mentale o emotiva dei giovani. Tuttavia, la ricerca dimostra che un'educazione sessuale completa e basata sulla scienza può effettivamente ridurre il rischio di comportamenti a rischio, aumentare la consapevolezza e la consapevolezza di sé e promuovere relazioni sane. Educare al rispetto nelle relazioni L'educazione al rispetto nelle relazioni è un aspetto essenziale dell'educazione sessuale e affettiva che mira a promuovere relazioni sane, consensuali e rispettose tra individui. Questo include: Consenso: Insegnare l'importanza del consenso reciproco e chiarire che il consenso deve essere esplicito, volontario e informato in qualsiasi interazione sessuale o romantica. Comunicazione efficace: Fornire competenze per comunicare in modo aperto e onesto all'interno delle relazioni, esprimendo bisogni, desideri e limiti in modo chiaro e rispettoso. Rispetto delle differenze: Promuovere il rispetto delle differenze individuali, inclusi i diversi orientamenti sessuali, identità di genere, culture, etnie e background. Prevenzione della violenza: Fornire informazioni e risorse per riconoscere, prevenire e affrontare la violenza sessuale, l'abuso e il controllo nelle relazioni. Promozione della parità di genere: Combattere stereotipi di genere nocivi e promuovere la parità di genere nelle relazioni, nell'ambito lavorativo e nella società nel suo complesso. Vuoi sapere come si possono applicare in modo costruttivo e fruttuoso i social media all’insegnamento? Leggi quali sono i vantaggi e gli svantaggi dei social network in educazione in base anche ai livelli di valutazione della scuola primaria. Situazione in Italia In Italia, l'educazione sessuale e affettiva è stata oggetto di dibattito e controversie nel corso degli anni. Sebbene l'educazione sessuale sia stata inclusa nei programmi scolastici italiani, la sua implementazione è stata irregolare e spesso limitata, con differenze significative tra le regioni. Negli ultimi anni, ci sono stati sforzi per migliorare l'educazione sessuale nelle scuole italiane attraverso l'aggiornamento dei curriculum, la formazione degli insegnanti e l'introduzione di linee guida nazionali. Tuttavia, ci sono ancora sfide da affrontare, tra cui la resistenza da parte di alcuni genitori e gruppi conservatori, la mancanza di risorse e la formazione limitata degli insegnanti sull'argomento. Nonostante queste sfide, l'importanza dell'educazione sessuale e affettiva è sempre più riconosciuta in Italia come parte integrante dell'istruzione e della salute pubblica, con crescente consapevolezza dell'importanza di fornire ai giovani gli strumenti necessari per prendere decisioni consapevoli e responsabili sulla loro salute sessuale e relazionale. Offerta formativa che ti potrebbe interessare MASTER AUTISMO: Master I Livello In Autismo: Dalla Diagnosi All´Intervento Psicoeducativo LAUREA MAGISTRALE IN PEDAGOGIA E SCIENZE UMANE ...

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Quanti gradi di autismo ci sono? 

Quanti gradi di autismo ci sono? 

Quanti gradi di autismo ci sono? Quando si parla di autismo non è facile dare una definizione specifica, in quanto questa viene spesso modificata nel corso degli anni, con informazioni riportate nel manuale diagnostico e statistico dalla comunità scientifica, secondo gli studi condotti. Ed in effetti, quando si parla di autismo, bisogna tenere conto che ci sono diverse diagnosi, come ad esempio la sindrome di asperger o il disturbo pervasivo dello sviluppo. L’autismo solitamente viene diagnosticato durante i primi anni di vita di un individuo o nella prima infanzia e si divide in tre livelli o gradi diversi a seconda della gravità dei sintomi. In generale, la diagnosi di disturbo dello spettro autistico, può essere classificata in base alle difficoltà di una persona di comunicazione e interazione sociale, così come a interessi limitati e comportamenti ripetitivi. La diagnosi di autismo viene svolta da un medico specializzato in neuropsichiatria, attraverso una valutazione attenta del livello di interferenza dell’autismo nel funzionamento comportamentale. Questi sono i 3 livelli di autismo esistenti Il primo livello di autismo Il primo livello viene ritenuto il meno grave dei tre, in quanto presenta sintomi lievi e il minimo supporto per permettere all’individuo di svolgere le sue attività quotidiane. Nella comunicazione sociale, l’individuo ha delle difficoltà ad avviare delle relazioni e spesso può dare delle risposte atipiche o avere comportamenti fallimentari che gli precludono l’apertura con gli altri. L’individuo ha comunque la capacità di formulare frasi complete e può conversare normalmente, ma può avere dei problemi negli scambi, in quanto le sue risposte possono rivelarsi poco adatte. A questo si aggiunge la rigidità del comportamento che può rivelarsi un grande ostacolo nella costruzione di relazioni. Al livello 1 sono associati anche difficoltà organizzative, interessi ristretti e problemi ad accettare nuove realtà, cambiamenti o eventi imprevisti. Il secondo livello di autismo Il livello moderato di autismo presenta sintomi di media gravità. Solitamente, le persone che si qualificano in questo livello possono essere poco propense ad avviare conversazioni, presentando degli evidenti problemi sociali e nella comunicazione. Sebbene possano parlare con gli altri verbalmente, le conversazioni sono solitamente brevi e su un singolo argomento. Il comportamento non verbale può presentare segni atipici, come l’abitudine a non guardare negli occhi l’interlocutore, oppure non esprimere emozioni attraverso le espressioni facciali. Le persone classificate con il livello 2 di autismo hanno più difficoltà ad accettare i cambiamenti e presentano comportamenti inflessibili che li portano a compiere azioni ripetitive. Come per il livello 1, anche a livello 2 gli individui hanno interessi ristretti, ma hanno più bisogno di supporto rispetto a quelli del primo livello. Il terzo livello di autismo Le persone che soffrono di autismo severo presentano gravi mancanze nella comunicazione verbale e non verbale. Le interazioni sociali si rivelano estremamente limitate, in quanto gli individui qualificati come livello 3 solitamente conoscono poche parole per esprimersi, quindi sono in grado di rispondere solo ad approcci sociali diretti. Gli eventi improvvisi e i cambiamenti vengono affrontati con angoscia e frustrazione, inoltre l’autismo di livello 3 può portare a reazioni forti a input sensoriali. A livello comportamentali, gli individui possono ripetere gesti o comportamenti. La gravità dell’autismo di livello 3 richiede un supporto continuo e sostanziale, oltre a strategie educative che possono aiutare l’individuo ad affrontare la vita di tutti i giorni. Il trattamento per l’autismo Non trattandosi di una malattia, per l’autismo non esiste alcuna cura. Uno dei modi migliori per trattare l’autismo è tramite l’individuazione e la diagnosi precoce. Per questo i genitori devono tenere sotto stretta osservazione i propri figli, quando questi sembrano presentare alcuni dei sintomi di questa condizione. In alcuni casi, sono gli insegnanti della scuola materna o dell’asilo a notare le prime difficoltà comportamentali e relazionali dei bambini. In questo caso devono ovviamente comunicarle immediatamente ai genitori in modo da permettere loro di agire tempestivamente, contattando un medico per la diagnosi. Alcuni insegnanti specializzati in pedagogia terapeutica possono aiutare anche dopo la diagnosi, preparando delle terapie complementari che includono musica, arte o il contatto con animali. Le terapie principali restano quelle comportamentali e comunicative che aiutano i bambini con autismo a relazionarsi con le persone, così come a compiere gesti quotidiani. Allo stesso modo, viene spesso adottata la logopedia per aiutare individui con difficoltà comunicative e la terapia sensoriale per diminuire le reazioni atipiche e lo stress quando si viene toccati o esposti a rumori particolari. È anche possibile aiutare le persone con sintomi di autismo tramite dei farmaci che possono andare ad alleviare i problemi di attenzione, iperattività o ansia. Ovviamente, bisogna anche accettare l’autismo, cercando di educare il prossimo ad alcune regole da rispettare quando interagiscono con una persona autistica. Questo perché, molte persone confondono l’autismo con la Sindrome di Savant, spesso rappresentata in film e serie TV. 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Pedagogia sperimentale: cos'è

Pedagogia sperimentale: cos'è

La pedagogia sperimentale è un ramo della pedagogia che si avvale del metodo scientifico per studiare i processi educativi, comprendere il funzionamento dell'apprendimento e sviluppare pratiche didattiche più efficaci. Si basa sull'osservazione, la sperimentazione e l'analisi dei dati per formulare ipotesi, condurre esperimenti e valutare l'efficacia delle strategie educative. Attraverso la ricerca empirica, la pedagogia sperimentale mira a identificare modelli di insegnamento e apprendimento ottimali, adattati alle esigenze degli studenti e all'evoluzione della società, al fine di promuovere un apprendimento significativo e duraturo. Se ti interessa conoscere nel dettaglio quali sono i diversi metodi in pedagogia, allora forse potresti voler dare un’occhiata al Master in Didattica e Formazione per gli insegnanti di Euroinnova, leader nella formazione professionale a distanza! Cosa si intende per pedagogia sperimentale La pedagogia sperimentale è un approccio educativo che utilizza i principi e i metodi della ricerca scientifica per studiare, sviluppare e valutare le pratiche pedagogiche. Questo campo si concentra sull'applicazione di metodi sperimentali per indagare sull'apprendimento, sullo sviluppo cognitivo e sulle dinamiche educative al fine di migliorare l'efficacia dell'insegnamento e dell'apprendimento. Nella pedagogia sperimentale, gli educatori conducono studi empirici per testare ipotesi, valutare l'impatto delle strategie didattiche e misurare il successo degli interventi educativi. Questi studi possono coinvolgere varie tecniche di raccolta dati, come osservazioni, interviste, questionari e analisi delle prestazioni degli studenti. L'obiettivo è quello di fornire evidenze empiriche per informare le decisioni pedagogiche e promuovere l'innovazione nell'ambito dell'istruzione. Origini della pedagogia sperimentale Le origini della pedagogia sperimentale risalgono al XIX secolo, quando emersero nuove teorie e approcci educativi basati sull'idea che l'apprendimento potesse essere influenzato e migliorato attraverso la sperimentazione scientifica. Johann Heinrich Pestalozzi, un educatore svizzero, è considerato uno dei precursori della pedagogia sperimentale. Pestalozzi sosteneva che l'istruzione dovesse basarsi sull'osservazione diretta, sull'esperienza pratica e sull'adattamento all'individualità degli studenti. Successivamente, nel XIX secolo, Johann Friedrich Herbart sviluppò il concetto di pedagogia scientifica, enfatizzando l'importanza dell'approccio scientifico nell'educazione. Egli sottolineava la necessità di adottare un approccio rigoroso e metodico nell'insegnamento, basato sull'osservazione empirica e sulla sperimentazione. Tuttavia, il termine "pedagogia sperimentale" fu coniato da Wilhelm Rein nel 1875, quando fondò la rivista "Pedagogical Seminary" e introdusse il concetto di sperimentazione controllata nell'ambito educativo. Rein promuoveva l'idea che l'educazione dovesse essere basata su principi scientifici e che gli educatori dovessero condurre studi empirici per valutare l'efficacia delle diverse pratiche educative. Da allora, la pedagogia sperimentale ha continuato a evolversi, integrando sempre più metodologie scientifiche per migliorare la teoria e la pratica dell'istruzione. Sperimentazione della pedagogia sperimentale La sperimentazione nella pedagogia sperimentale è un processo fondamentale per valutare l'efficacia delle diverse metodologie didattiche e risorse educative. Questo coinvolge la progettazione di studi empirici per testare ipotesi educative e valutare l'impatto delle pratiche pedagogiche sull'apprendimento degli studenti. Durante la sperimentazione, vengono raccolti dati quantitativi e qualitativi per valutare le prestazioni degli studenti, le loro percezioni e il loro coinvolgimento nell'apprendimento. Questi dati vengono poi analizzati in modo critico per identificare le migliori pratiche e informare le decisioni pedagogiche future. La sperimentazione nella pedagogia sperimentale promuove anche l'innovazione e il miglioramento continuo nell'ambito dell'insegnamento e dell'apprendimento. Attraverso la sperimentazione, gli educatori hanno l'opportunità di esplorare nuove metodologie, tecnologie e approcci didattici, spinti dalla curiosità e dalla volontà di trovare soluzioni efficaci per le sfide educative. La sperimentazione favorisce la creatività e l'adattabilità, incoraggiando gli insegnanti a essere aperti al cambiamento e a sperimentare nuove strategie per soddisfare le esigenze degli studenti. Inoltre, promuove una cultura educativa basata sull'evidenza, in cui le decisioni pedagogiche sono guidate dalla ricerca empirica e dalla valutazione sistematica delle pratiche educative. Principi della pedagogia sperimentale I principi della pedagogia sperimentale si basano sulla ricerca scientifica e sull'applicazione di metodologie empiriche per migliorare l'efficacia dell'insegnamento e dell'apprendimento. Alcuni dei principi fondamentali includono: Basarsi sull'evidenza: Utilizzare dati empirici e risultati di ricerca per informare le decisioni pedagogiche e migliorare le pratiche educative. Personalizzazione dell'apprendimento: Adattare l'insegnamento alle esigenze individuali degli studenti, tenendo conto delle loro abilità, interessi e stili di apprendimento. Sperimentazione e valutazione: Condurre studi sperimentali per valutare l'efficacia di diverse metodologie didattiche e risorse educative, al fine di identificare le migliori pratiche. Riflessione critica: Promuovere la riflessione critica tra insegnanti e studenti sull'esperienza di apprendimento e sull'efficacia delle strategie pedagogiche. Collaborazione e condivisione: Favorire la collaborazione tra professionisti dell'istruzione e la condivisione delle migliori pratiche per promuovere l'innovazione e il miglioramento continuo. Inclusione e equità: Garantire che l'insegnamento sia equo e inclusivo, rispettando la diversità degli studenti e creando un ambiente di apprendimento accessibile a tutti. Adattabilità e flessibilità: Essere pronti ad adattare le pratiche educative in base alle esigenze emergenti degli studenti e ai cambiamenti nel contesto educativo. Orientamento all'obiettivo: Mantenere un chiaro focus sugli obiettivi di apprendimento e sulle competenze da sviluppare, guidando le decisioni pedagogiche e l'organizzazione del curriculum. Coinvolgimento degli studenti: Favorire l'attiva partecipazione degli studenti nell'apprendimento, incoraggiando il pensiero critico, la creatività e l'autonomia. Costante miglioramento: Promuovere una cultura educativa orientata al miglioramento continuo, attraverso la riflessione, l'adattamento e l'innovazione basata sull'evidenza. Benefici della pedagogia sperimentale La pedagogia sperimentale offre una serie di benefici che contribuiscono a migliorare l'efficacia dell'insegnamento e dell'apprendimento: Migliore comprensione dei processi di apprendimento degli studenti Personalizzazione dell'insegnamento per adattarlo alle esigenze specifiche degli studenti Valutazione dell'impatto di diverse metodologie didattiche e risorse educative Miglioramento continuo delle prestazioni degli studenti e delle esperienze di apprendimento Sviluppo di una cultura educativa basata sull'evidenza Promozione della riflessione critica tra insegnanti e ricercatori Collaborazione tra professionisti dell'istruzione per condividere le migliori pratiche Innovazione nell'ambito dell'insegnamento e dell'apprendimento Aumento dell'efficacia dell'insegnamento attraverso l'uso di dati empirici e risultati di ricerca Sfide della pedagogia sperimentale La pedagogia sperimentale si confronta con diverse sfide nel suo percorso di ricerca e applicazione. Una delle principali sfide è quella di progettare studi sperimentali che siano metodologicamente solidi e che producano risultati affidabili e generalizzabili. Questo richiede un'attenta pianificazione, una precisa definizione delle variabili e dei protocolli di ricerca appropriati. Inoltre, la pedagogia sperimentale spesso si confronta con la difficoltà di tradurre i risultati della ricerca in pratiche educative efficaci e scalabili. È necessario garantire che le scoperte scientifiche siano integrate in contesti educativi reali e che i pedagoghi siano in grado di applicarle in modo significativo per migliorare l'apprendimento degli studenti. Allo stesso tempo, è essenziale affrontare le sfide etiche e sociali legate alla ricerca pedagogica sperimentale, inclusa la protezione dei partecipanti alla ricerca e l'equità nell'accesso all'istruzione. Inoltre, la pedagogia sperimentale deve adattarsi ai rapidi cambiamenti nel contesto educativo, compresi l'avvento delle nuove tecnologie e le sfide legate alla diversità culturale e all'inclusione. In questo contesto in evoluzione, è fondamentale che la pedagogia sperimentale rimanga flessibile, adattabile e orientata al miglioramento continuo delle pratiche educative. Offerta formativa che ti potrebbe interessare MASTER AUTISMO: Master I Livello In Autismo: Dalla Diagnosi All´Intervento Psicoeducativo MASTER PEDAGOGIA E PSICOPEDAGOGIA CLINICA ...

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Conoscere la psicologia della musica

Conoscere la psicologia della musica

La psicologia della musica è un campo affascinante che esplora l'interazione complessa tra la mente umana e il mondo sonoro. L'introduzione a questa disciplina ci immerge in un viaggio attraverso l'esperienza musicale, analizzando le connessioni neurali, le emozioni, e le molteplici applicazioni che rendono la psicologia della musica così intrigante e rilevante per la comprensione della mente umana. Se anche tu sei affascinato al mondo della musica, allora non puoi perderti il corso di Laurea indirizzo artistico, audiovisivo e dello spettacolo proposto da Euroinnova, leader nell’insegnamento e nella formazione online. Clicca sul link e scopri il piano di studi! Introduzione alla psicologia musicale La psicologia della musica si occupa dello studio scientifico di come la musica influenzi e interagisca con la mente umana. L'esperienza musicale è complessa e coinvolge vari aspetti, tra cui la percezione, l'emozione, la memoria e la cognizione. Questa branca della psicologia esplora come la musica possa evocare risposte emotive, come venga elaborata a livello cerebrale e come contribuisca alla formazione delle nostre identità individuali e collettive. Effetti della musica sul cervello Le risonanze melodiche e ritmiche possono avere un impatto profondo sul cervello umano. Studi sulla neuroscienza hanno dimostrato che l'ascolto della musica attiva diverse aree cerebrali coinvolte nella percezione uditiva, nelle emozioni, nella memoria e persino nell'apprendimento. Il ritmo musicale può sincronizzare le attività neurali, creando connessioni sinaptiche che migliorano la cognizione e la memoria. Se hai un animo artistico-letterario, prova a dare un’occhiata al corso di Laurea in letteratura, arte. musica e spettacolo proposto da Euroinnova in cui potrai esprimere al meglio il tuo lato artistico! Musica ed emozioni La correlazione tra musica ed emozioni è un fenomeno profondo e complesso, radicato nella capacità della musica di evocare risposte emotive nel nostro cervello e nel nostro sistema nervoso. Questa interazione stretta tra musica ed emozioni ha diversi aspetti chiave che ne definiscono la natura: Espressione emotiva nella musica Attivazione di regioni cerebrali legate alle emozioni Sincronizzazione con le emozioni personali Memoria emotiva legata alla musica Universalità delle emozioni musicali La musica e le emozioni sono strettamente intrecciate attraverso espressione artistica, attivazione cerebrale, sincronizzazione individuale, memoria e aspetti universali. Questa correlazione rende la musica un potente veicolo per comunicare, esplorare e arricchire l'esperienza emotiva umana. Applicazioni della psicologia della musica Le psicologia della musica, con particolare attenzione a concetti chiave come la neuropsicologia, la psicoterapia e la psicoanalisi, offre applicazioni significative nel contesto della salute mentale e del benessere. Innanzitutto, la neuropsicologia della musica si concentra sulle interazioni tra la musica e il cervello, esaminando come essa influenzi le connessioni neurali. La psicoterapia musicale sfrutta la comunicazione sonora come strumento terapeutico. Infine, l'approccio psicoanalitico alla musica esplora come essa possa rivelare aspetti inconsci dell'individuo. Neuropsicologia La neuropsicologia musicale si concentra sulla comprensione di come la musica possa influenzare le funzioni cognitive. La stimolazione musicale può essere utilizzata per migliorare la memoria, la concentrazione e la coordinazione motoria in pazienti con lesioni cerebrali. Le connessioni neurali formate durante l'ascolto e la produzione musicale possono contribuire al recupero e al potenziamento delle funzioni cerebrali compromesse. Questo approccio può essere inoltre utilizzato per trattare disturbi cognitivi e neurologici, offrendo nuovi approcci nella gestione di condizioni come il morbo di Alzheimer o lesioni cerebrali. Psicoterapia La psicoterapia utilizza la musica come veicolo espressivo per affrontare sfide emotive e psicologiche. Integrando la musica nei processi terapeutici, cerca di favorire l'espressione emotiva, il dialogo e il superamento di difficoltà psicologiche attraverso l'ascolto e la creazione musicale. La terapia sonora si basa sull'uso mirato della musica per facilitare il rilassamento, esplorare emozioni represse e promuovere il benessere mentale. Attraverso l'ascolto attivo e la produzione musicale, la psicoterapia musicale si rivela un approccio efficace per integrare l'espressione emotiva nella terapia tradizionale. Psicoanalisi La psicoanalisi musicale si spinge oltre l'aspetto terapeutico, esplorando il significato simbolico e inconscio della musica. La scelta delle melodie, dei testi e degli stili musicali può essere analizzata per svelare aspetti nascosti della psiche individuale o collettiva. L'analisi musicale può fornire insights psicoanalitici, contribuendo a svelare emozioni recondite e facilitando il processo di auto-esplorazione. La psicoanalisi musicale offre una prospettiva unica sulla comprensione dei processi mentali profondi e spesso inespressi Importanza della psicologia della musica L'importanza della psicologia della musica risiede nella sua capacità di arricchire la nostra comprensione della mente umana e migliorare la qualità della vita. L'esperienza musicale va oltre l'ascolto superficiale: è un veicolo per esprimere e comprendere le emozioni, connettersi con gli altri e accedere a livelli più profondi di consapevolezza e creatività. La psicologia della musica ci invita quindi a esplorare il potente mondo dell'esperienza sonora, rivelando come la musica possa plasmare le nostre emozioni, influenzare il nostro pensiero e offrire un terreno fertile per la crescita personale. Dall'analisi musicale alla terapia sonora, questo campo in continua evoluzione si presenta come un ponte tra arte e scienza, arricchendo il nostro rapporto con il mondo che ci circonda. Offerta formativa che ti potrebbe interessare MASTER AUTISMO: Master I Livello In Autismo: Dalla Diagnosi All´Intervento Psicoeducativo LAUREA MAGISTRALE IN PEDAGOGIA E SCIENZE UMANE ...

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Cosa si intende per didattica attiva 

Cosa si intende per didattica attiva 

La didattica attiva è un approccio educativo che mette lo studente al centro del processo di apprendimento, coinvolgendolo attivamente anziché limitarsi a trasmettere conoscenze in modo passivo. Questo metodo didattico mira a promuovere un apprendimento attivo, partecipativo ed esperienziale, in cui gli studenti sono coinvolti direttamente nell'acquisizione e nell'applicazione di concetti e competenze. In pratica, ciò si traduce in attività pratiche, esercitazioni, progetti di gruppo, discussioni guidate e altre forme di apprendimento interattivo che stimolano la partecipazione degli studenti e favoriscono lo sviluppo di competenze cognitive, relazionali e pratiche. Vuoi sapere quali sono le difficoltà di apprendimento scolastico potresti voler dare un’occhiata ai corsi online di Euroinnova della Categoria Didattica e Formazione per gli Insegnanti. Metodologia La metodologia della didattica attiva si basa su una serie di approcci pedagogici progettati per coinvolgere gli studenti nel processo di apprendimento. Alcuni dei principali metodi utilizzati includono il problem-based learning, il project-based learning, il cooperative learning e il flipped classroom Nel problem-based learning, gli studenti affrontano problemi reali o casi di studio e lavorano insieme per trovare soluzioni, sviluppando così capacità di problem-solving e pensiero critico. Il project-based learning prevede la realizzazione di progetti pratici che coinvolgono ricerca, pianificazione e implementazione, consentendo agli studenti di applicare conoscenze in contesti reali e sviluppare competenze pratiche. Il cooperative learning promuove la collaborazione tra gli studenti attraverso attività di gruppo, favorendo lo scambio di conoscenze e prospettive e il miglioramento delle capacità di comunicazione e lavoro di squadra. Infine, il flipped classroom prevede l'utilizzo di risorse multimediali per presentare nuovi concetti agli studenti prima della lezione, consentendo loro di acquisire familiarità con il materiale prima di partecipare a discussioni e attività pratiche in classe. Dai un’occhiata all’offerta formativa del Master in Didattica in Lingua Inglese di Euroinnova. Risorse innovative per la didattica attiva Le risorse innovative giocano un ruolo fondamentale nell'implementazione della didattica attiva, fornendo agli insegnanti strumenti e tecnologie per creare esperienze di apprendimento coinvolgenti e significative. Tra le risorse più utilizzate vi sono le tecnologie digitali, come computer, tablet, lavagne interattive e software educativi che consentono agli studenti di accedere a informazioni, risorse e strumenti di apprendimento in modo dinamico e interattivo. Altre risorse includono materiali didattici multimediali, simulazioni virtuali, laboratori pratici, visite guidate, esperienze di apprendimento sul campo e giochi educativi. Queste risorse offrono agli studenti opportunità di apprendimento diverse e stimolanti che favoriscono l'acquisizione di conoscenze, competenze e abilità in modo efficace e motivante. Vantaggi per gli studenti della didattica attiva La didattica attiva offre una serie di vantaggi significativi per gli studenti che vanno oltre il semplice apprendimento di concetti e informazioni. Tra i principali vantaggi vi sono: Coinvolgimento e motivazione: Gli studenti sono più motivati e impegnati quando sono coinvolti attivamente nel processo di apprendimento, poiché si sentono protagonisti del proprio percorso educativo. Apprendimento significativo: La didattica attiva favorisce un apprendimento significativo, in cui gli studenti possono collegare nuove conoscenze a esperienze pregresse e applicarle in contesti reali. Sviluppo di competenze trasversali: Attraverso attività pratiche, collaborative e problem-solving, gli studenti sviluppano una serie di competenze trasversali, come la capacità di problem-solving, la comunicazione, la collaborazione e la leadership. Autonomia e responsabilità: Gli studenti diventano più autonomi e responsabili del proprio apprendimento, imparando a gestire il proprio tempo, risolvere problemi e prendere decisioni in modo indipendente. Creatività e pensiero critico: La didattica attiva stimola la creatività e il pensiero critico degli studenti, incoraggiandoli a esplorare nuove idee, proporre soluzioni innovative e valutare criticamente le informazioni. Buone pratiche per la didattica attiva Le buone pratiche per la didattica attiva sono fondamentali per garantire un'esperienza di apprendimento efficace e coinvolgente per gli studenti. Ecco alcune delle pratiche più importanti: Progettare attività coinvolgenti e stimolanti: Le attività dovrebbero essere progettate in modo da coinvolgere attivamente gli studenti e favorire la partecipazione. Questo può includere esercitazioni pratiche, progetti di gruppo, discussioni guidate e giochi educativi. Fornire supporto e feedback: Gli insegnanti dovrebbero offrire supporto costante agli studenti durante il processo di apprendimento. Questo può significare fornire chiarimenti su concetti difficili, rispondere a domande e offrire feedback sulle prestazioni degli studenti. Promuovere la collaborazione e il dialogo: La collaborazione tra gli studenti è fondamentale per la didattica attiva. Gli insegnanti dovrebbero incoraggiare la collaborazione tra gli studenti attraverso attività di gruppo, discussioni di classe e progetti collaborativi. Utilizzare tecnologie digitali: Le tecnologie digitali possono arricchire l'esperienza di apprendimento fornendo agli studenti accesso a risorse e strumenti interattivi. Gli insegnanti dovrebbero utilizzare tecnologie come computer, tablet, lavagne interattive e software educativi per migliorare l'apprendimento degli studenti. Favorire l'interazione e la partecipazione: Gli insegnanti dovrebbero incoraggiare attivamente l'interazione e la partecipazione degli studenti durante le lezioni. Ciò può essere fatto attraverso la creazione di un ambiente di classe inclusivo e accogliente in cui gli studenti si sentano liberi di condividere le proprie idee e opinioni. Promuovere l'apprendimento esperienziale: L'apprendimento esperienziale è una componente chiave della didattica attiva. Gli insegnanti dovrebbero cercare di offrire agli studenti opportunità di apprendere attraverso esperienze pratiche e concrete, come visite sul campo, laboratori e progetti pratici. Adattare le lezioni alle esigenze degli studenti: È importante adattare le lezioni alle esigenze e agli interessi degli studenti. Gli insegnanti dovrebbero tener conto delle diverse capacità e modalità di apprendimento degli studenti e cercare di fornire un'esperienza di apprendimento personalizzata e significativa per ciascuno di loro. Offerta formativa che ti potrebbe interessare MASTER AUTISMO: Master I Livello In Autismo: Dalla Diagnosi All´Intervento Psicoeducativo LAUREA MAGISTRALE IN PEDAGOGIA E SCIENZE UMANE: Master in Pedagogia e Psicopedagogia Clinica ...

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Cosa si intende per alunni BES? 

Cosa si intende per alunni BES? 

L’acronimo BES sta per “Bisogni Educativi Speciali” e indica una categoria di studenti che hanno bisogno di attenzioni particolari a livello educativo. Per supportare queste necessità il Ministero dell’Istruzione mette a disposizione programmi specifici e un piano educativo personalizzato per il supporto di questi studenti così come insegnanti di sostegno a cui fare riferimento. I programmi BES sono quindi rivolti a studenti con difficoltà e/o disabilità motorie e cognitive e a studenti in situazione di svantaggio economico: tali programmi sono strutturati per garantire un accesso adeguato all’istruzione e alla formazione di questi studenti dalla capacità e necessità diverse da quelle delle persone senza BES. Gli alunni BES vengono accompagnati nel loro percorso educativo da professionisti del settore, come insegnanti di sostegno, pedagoghi terapeutici e logopedisti, ma non vengono allontanati dagli altri studenti; si cerca anzi di integrarli quanto possibile con gli altri studenti e di avvicinarli al programma di formazione tradizionale. La situazione del BES in Italia In ambito di tematiche BES, l’Italia occupa un posto d’onore: è stata infatti la prima nazione in Europa che ha parlato di inclusività scolastica e già a partire dagli anni ’70, ha eliminato le classi differenziate destinati ad alunni con disabilità motorie e cognitive. Inoltre, di recente il Ministero dell’Istruzione dell’Italia ha accettato di inserire tra gli alunni BES anche gli studenti plus dotati: si tratta di persone con un alto potenziale cognitivo e dalle capacità molto sviluppate che hanno effettivamente bisogno di supporto per sfruttare al meglio queste abilità e per non sentirsi a disagio o diversi rispetto agli altri studenti. Chi rientra nella categoria dei BES? Nella categoria di BES rientrano gli alunni con difficoltà socioculturali e/o di tipo linguistico e talvolta anche in una situazione di svantaggio socioeconomico, le persone con un DSA e quelle con disabilità motorie e cognitive e anche coloro che non presentano un’adeguata padronanza della lingua italiana. Nella categoria degli alunni BES rientrano anche gli alunni con un DAA, ossia di un Disturbo Aspecifico dell’Apprendimento. Chi ha un DAA ha capacità cognitive molto ridotte, come l’autismo, patologie neurologiche o sindromi genetiche, come la sindrome di Down. A questi alunni viene proposto un PDP, Piano Didattico Personalizzato, che viene elaborato dal consiglio di classe di una struttura educativa dove sono presenti alunni con BES, per ideare e applicare didattiche di supporto. Cosa si intende per alunni DSA? Gli alunni con i DSA sono studenti che presentano disturbi specifici dell’apprendimento. Queste difficoltà si manifestano in relazione ad attività come la lettura, la scrittura, l’ortografia, il segno grafico e il calcolo matematico. In passato questi disturbi non venivano riconosciuti e si pensava erroneamente che uno studente fosse pigro o poco motivato o comunque che non si sforzasse a sufficienza per applicarsi al meglio all’apprendimento. Con il passare degli anni si è prestata maggiore attenzione a questi fenomeni, classificandoli quindi come disturbi specifici dell’apprendimento e sono quindi state implementate misure educative idonee al supporto e allo sviluppo delle abilità di questi studenti. Questi alunni necessitano di un supporto e di un piano formativo mirato che contribuisca al miglioramento e allo sviluppo delle loro capacità di apprendimento. Ti interessa l’ambito della pedagogia terapeutica? Vorresti dedicarti al supporto di alunni con BES? Perché non segui una formazione online con Euroinnova! Chi rientra tra i DSA? Tra i DSA rientrano dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia. Nella dislessia l’alunno ha difficoltà a leggere un testo scritto, nello specifico legge lentamente e facendo spesso errori. La disgrafia è un disturbo funzionale legato a gesti grafici, mentre la disortografia coinvolge la correttezza di quanto scritto, infine la discalculia è caratterizzata dalla difficoltà a fare i calcoli a mente e/o ad eseguire un calcolo scritto. Questi disturbi si manifestano con l’inizio della scolarizzazione di un alunno quindi è possibile agire da subito, fin dal manifestarsi del disturbo, per lavorare sulla difficoltà tramite supporto ed esercizi mirati. Questi alunni non devono sentirsi esclusi o diversi dagli altri, pertanto è appropriato associare alla formazione un percorso specifico di terapia pedagogica: i bambini possono infatti sentirsi scoraggiati e demotivati e per questo hanno bisogno di un supporto e un incoraggiamento soprattutto nei primi momenti del percorso di sostegno. Quanto prima viene diagnosticato un DSA tanto prima verranno implementate misure e percorsi specifici per aiutare l’alunno nei processi di apprendimento. Qual è la differenza tra BES e DSA? La differenza tra BES e DSA è che i Disturbi Specifici dell’Apprendimento rientrano nella macrocategoria dei Bisogni Educativi Specifici, tra i BES infatti rientrano varie difficoltà come le disabilità cognitive e motorie e i Disturbi Aspecifici dell’Apprendimento. Tuttavia gli studenti affetti da DSA sono sempre BES, mentre non tutti i bambini BES sono anche affetti da un DSA. Per quanto riguarda il riconoscimento scolastico, la differenza sostanziale tra BES è DSA consiste nel riconoscimento: mentre un alunno BES non richiede obbligatoriamente una diagnosi per prendere provvedimenti, uno studente con DSA necessita del certificato emesso dall’azienda sanitaria locale. Offerta formativa che ti potrebbe interessare Vuoi formarti con Euroinnova Formazione per diventare un esperto di pedagogie? Dai un'occhiata qui! MASTER AUTISMO: Master I Livello In Autismo: Dalla Diagnosi All´Intervento Psicoeducativo LAUREA MAGISTRALE IN PEDAGOGIA E SCIENZE UMANE ...

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